Le squadre di calcio europee non pagano quanto dovrebbero in “compensazioni” alle altre squadre per la formazione dei calciatori, nel momento in cui capitalizzano – con l’acquisto di un giocatore “pronto” al grande pubblico – gli sforzi e gli investimenti fatti da chi quel talento magari lo ha preso imberbe, lo ha cresciuto, sgrezzato e portato a maturazione.
Solo l’1,5% dei trasferimenti in solidarietà
L’analisi emerge da un rapporto commissionato dalla European Club Association, di cui dà conto l’agenzia Bloomberg, secondo il quale solamente una somma esigua pari all’1,5% dei 5,1 miliardi di dollari di valore dei trasferimenti (durante le ultime due stagioni) è stato versato nei cosiddetti “pagamenti di solidarietà”. Secondo le indicazioni della Fifa, invece, la richiesta è che il club che effettua l’acquisto versi il 5% dell’indennità di trasferimento alle squadre che hanno allenato il giocatore oggetto dello shopping, nel periodo tra i 12 e i 23 anni. Secondo il report dell’Eca, all’appello nelle ultime due stagioni mancano 199 milioni di dollari.
“Il documento ha messo in evidenza il problema, ora dobbiamo capire cosa fare”, ha detto l’amministratore delegato dell’Arsenal Ivan Gazidis, membro membro del consiglio direttivo dell’ECA, intervenendo al summit di Barcellona. “Abbiamo bisogno di dare un’occhiata più da vicino” a questa problematica.
Chi ha diritto non sa, gli altri non pagano
Il punto della questione, spiega Raffaele Poli, ricercatore presso il Centro Internazionale di Studi sportivi di Neuchatel, in Svizzera, è che molte squadre in Sud America o Africa spesso non sono neppure consapevoli di quanto è loro dovuto. O comunque, non hanno le spalle sufficientemente larghe per inseguire e ottenere la cifra che spetterebbe loro. D’altra parte, chi effettua l’acquisto spesso fa orecchi da mercante e di norma ignora i pagamenti, finché il caso non approda alla Corte dello Sport di Losanno. A quel puntom possono passare anche due o tre anni prima che la questione si risolva.