“Il nostro calcio non punta sui giovani per due motivi, il primo sono i bilanci economici in rosso, che non consentono investimenti a lungo termine. Il secondo è che il nostro calcio è difensivo e punta più su giocatori esperti, mentre il giovane è più generoso e per farlo crescere serve seminare molto per ottenere risultati solo a lungo termine”. E’ questa l’analisi dell’ex tecnico del Milan e commissario tecnico della Nazionale, Arrigo Sacchi, sulle ragioni che spingono i club italiani a non investire sufficienti risorse per lo sviluppo del proprio settore giovanile, preferendo invece puntare su giocatori già formati. Una posizione, che a una prima lettura sembrerebbe contraddittoria, considerato che all’acquisto di giocatori esperti è comunque associato un costo maggiore rispetto a quello legato ai giovani, ma che ha invece una sua coerenza se letto in una prospettiva di medio termine, considerato che i frutti degli investimenti effettuati nel settore giovanile si raccolgono solo dopo anni. In altre parole, il ragionamento sotteso alle parole di Sacchi sembra essere che i club italiani preferiscono spendere subito le poche risorse che hanno a disposizione per ingaggiare calciatori già formati e di cui, almeno sulla carta, è più facile stimarne il rendimento, piuttosto che investire risorse nel settore giovanile il cui ritorno appare invece più incerto.
Sacchi, che ha parlato nel corso di una conferenza stampa, organizzata per annunciare la sua decisione di lasciare l’incarico di coordinatore delle nazionali giovanili, non ha risparmiato critiche alla classe dirigente del calcio italiano. “Abbiamo dirigenti che pensano più al loro potere che al bene del sistema”, ha affermato Sacchi, “un po’ di autocritica di tutti non può che fare bene. Se ripetiamo gli sbagli del passato non è la strada giusta per cambiare, possiamo crescere solo se smettiamo di piangere. L’Italia ha esportato cultura per 1500 anni, ma dobbiamo dimenticare furbizia, affarismo, scorciatoie e compromessi altrimenti siamo out”, ha sottolineato.
L’ex tecnico della Nazionale, che ha deciso di lasciare anche l’incarico che attualmente ricopriva per la Figc a causa del crescente stress cui era sottoposto, si è soffermato anche sul tema del futuro presidente federale. “Ho visto che Tavecchio è stato attaccato molto, si è sbagliato, ma ci sono cose altrettanto gravi che trascuriamo. Lo conosco, di sicuro non è razzista”, ha detto Sacchi, che ha poi aggiunto: “Stimo sia lui che Albertini, hanno fatto entrambi un buon lavoro. I programmi? Vedo che anche i politici non li dicono mai. In un Paese civile ci dovrebbe essere un programma vantaggioso per il sistema, non per le singole componenti”.