“Il calcio italiano non ha realizzato appieno il valore del proprio prodotto, in larga parte a causa di una regolamentazione intrusiva, volta a limitare l’esclusiva dei diritti. Le prima regola in tal senso impediva a Stream o Telepiù di detenere una quota superiore al 60% dei diritti in esclusiva. A questa si è aggiunta, nel periodo 2003-11, la Decisione della CE che ha proibito alla piattaforma satellitare post-fusione che già rappresentava il principale finanziatore del calcio italiano, di acquisire diritti in esclusiva. Di conseguenza, a differenza di quanto è accaduto nei principali paesi europei, il sistema del calcio italiano non ha beneficiato del »premio« associato al valore che l’esclusiva determina per i broadcaster, né ha beneficiato della possibile concorrenza fra esclusive”.
È l’opinione espressa da Sky in un documento riservato di sette pagine in possesso dell’Adnkronos, che parla anche della questione legata ai diritti televisivi. “Tutto questo senza una sostanziale ragione di fondo: l’esclusiva, infatti, pur vista con ostilità negli ambienti antitrust soprattutto italiani, è strumento essenziale per la differenziazione dell’offerta e quindi non è anticompetitiva per se, ma al contrario rappresenta uno strumento di differenziazione concorrenza per gli operatori del settore. Con l’ultimo bando per l’assegnazione dei diritti della Seria A per il periodo 2015-18, sebbene attraverso un percorso non sempre trasparente e lineare e rispettoso di regole codificate da un bando di gara pubblico, sono stati compiuti piccoli passi in avanti verso un sistema con un maggiore livello di esclusiva”, prosegue il documento.
“L’assenza di esclusive, in presenza di costi crescenti dei diritti tv, ha penalizzato fortemente la redditività del comparto pay tv in Italia, considerato più una sorta di cash cow che un fattore di sviluppo del sistema calcio, un partner per perseguire l’interesse comune di costruire un campionato eccellente. La pay tv è infatti nettamente la più consistente fonte di finanziamento dell’industria calcistica ed all’interno di questo contesto, il soggetto che investe più risorse paga il prezzo più elevato, sia in assoluto che in termini relativi, con danno per la propria redditività, per i prezzi applicabili al pubblico e, a ruota, per la possibilità di effettuare ulteriori investimenti. In altre parole, le risorse delle pay tv sono state utilizzate, ad oggi, per perpetrare il funzionamento di un sistema inefficiente, la cui sostenibilità di lungo periodo potrebbe essere seriamente compromessa”.
Fabio Colosimo