Il Chelsea hanno tenuto dei colloqui sul possibile trasferimento a Twickenham per un’intera stagione, qualora Stamford Bridge, il suo attuale stadio casalingo, venisse riqualificato. Il club di Premier League ha fatto una vera e propria “inchiesta” sulle proprie prospettive di giocare nella “casa del rugby”, aumentando la capacità del proprio stadio da 41.623 fino a 60.000 posti a sedere.
“Siamo stati regolarmente contattati da una varietà di organizzazioni, all’interno e al di fuori dello sport, su una vasta gamma di opportunità che regolano l’uso di ciò che crediamo sia uno stadio di classe mondiale. Abbiamo avuto anche una richiesta dal Chelsea FC, ma non abbiamo avuto ancora discussioni concrete con loro. Nel momento in cui ci saranno valuteremo una serie di fattori, come ad esempio l’effetto sul campo, la disponibilità, i trasporti ed altre implicazioni importanti“, ha dichiarato la RFU.
Il Chelsea ha annunciato nel mese di giugno di aver iniziato una consultazione con le parti locali interessate, come primo passo per esplorare la fattibilità di una espansione di Stamford Bridge. Un portavoce del Chelsea ha dconfermato: “Stiamo indagando diversi scenari come parte del processo di consultazione che abbiamo avviato all’inizio di quest’anno, ma non abbiamo avuto discussioni di merito fino ad ora“.
Twickenham, che vanta una capacità di 82.000 posti, non ha mai messo in scena partite di calcio e non è attualmente concesso in licenza per farlo. Ha ospitato invece eventi diversi, come legati partite del campionato di rugby e concerti di musica.
Il Chelsea non potrà comunque muoversi prima della stagione 2016-17 perché Twickenham ospiterà la Rugby World Cup nel mese di settembre ed ottobre del prossimo anno. La Football Association ha vagliato la possibilità di inserire lo stadio nel suo tentativo di ospitare la Coppa del Mondo 2018, ma la RFU ha scelto di non farsi coinvolgere. Il Chelsea ha bisogno di una casa più grande per competere con i loro rivali i cui match-day generano ricavi importanti in un’epoca dominata dal fair play finanziario.
Alberto Lattuada