Pallone d’Oro-Il premio al giocatore dell’anno 2014, l’ambitissimo Pallone d’Oro, è finito, per il secondo anno consecutivo, a Cristiano Ronaldo: un riconoscimento meritato sotto ogni punto di vista dall’attaccante portoghese, e non solo per la straordinaria stagione che lo ha visto trionfare, nell’anno del mondiale, in due competizioni sportivamente (e mediaticamente) importanti come la Champions League e il Mondiale per club, quanto anche per tutto quello che rappresenta per l’industria-calcio.

Per il Pallone d’Oro, due per Adidas e uno per Nike

La “questione” ovviamente, si rifletteva, in quest’ambito di analisi, nel mondo del marketing sportivo e, più in particolare, in quello delle sponsorizzazioni tecniche. Il Gala di ieri sera era infatti, non solo un confronto tra grandi giocatori, quanto anche uno tra multinazionali dello sport, su tutte Adidas e Nike. Il piatto forte della serata, ovviamente il Pallone d’Oro. A “giocarselo” fino in fondo, due rappresentanti Adidas (nonché finalisti al Mondiale) Lionel Messi ed Emanuel Neuer, uno Nike, Cristiano Ronaldo, in cui l’intreccio tra sponsorizzazioni era poi ancor più curioso osservando il legame individuale rapportarsi a quello “collettivo” (relativo al club di appartenenza): Ronaldo sponsor Nike in uno dei club Adidas più importanti al mondo (Real Madrid); Messi sponsor Adidas in un club targato Nike (Barcellona); Neuer invece poteva essere considerato il vero e proprio “totem” per l’azienda bavarese, calzando Adidas e giocando per un club firmato con le tre stringhe (Bayer Monaco). Piccoli dettagli insomma che hanno colorito una vera e propria sfida nella sfida, in cui a pesare tuttavia, in ambito strettamente commerciale, è e riamane il legame tra calciatore e firma sportiva: perché niente di più importante nel mondo del marketing di oggi, è la possibilità di poter valorizzare marchio e visione aziendale con la grandezza della prestazione sportiva (più in particolare qualità e caratteristiche del prodotto con i risultati ottenuti soprattutto a livello individuale). Un “veicolo” promozionale, questo, più efficace di qualsiasi altra strategia funzionale all’obiettivo.

L’anno del mondiale doveva consacrare Adidas

Eppure, nell’anno del mondiale, e con una finale tutta giocata in casa per la nota firma tedesca (Germania-Argentina), i favori del pronostico erano tutti per il numero 7 del Real Madrid che, in Brasile, tuttavia non è riuscito a trascinare la nazionale lusitana oltre la fase a gironi. Un aspetto, questo, che ha diviso critica e pubblico egualmente in due parti, tra cioè chi sosteneva l’importanza e il “peso” di aver vinto il trofeo più importante dell’anno (Neur in questo caso) e chi, invece, sosteneva quello di consegnare un premio valorizzando le qualità tecniche, la spettacolarità delle giocate, e, perché, no, la mediaticità del giocatore (quella ovviamente di Cristiano Ronaldo). I premi che hanno anticipato la consegna del Pallone d’Oro hanno registrato la supremazia di Adidas, che con James Rodríguez ha portato a casa il premio relativo al “gol dell’anno”, il premio individuale femminile finito a Nadine Kessler (Adidas sponsorizza il club, il Wolfsburg) nonché un leggero dominio nell’undici FIFA più forte dell’anno. Una magra consolazione, fino a quando il portoghese non ha ricevuto il trofeo.

La vittoria di Nike in un premio Adidas

La vittoria di Nike su Adidas è stata dunque netta, sia perché il calcio (specie in Europa), tradizionalmente, è lo sport Adidas per eccellenza, sia perché lo stesso gala di premiazione è sponsorizzato dalla multinazionale bavarese. “Circostanza”, questa, che impedisce a Nike di citare il gala e di veicolare, a scopi commerciali, le immagini ufficiali del portoghese con il riconoscimento accompagnate dal messaggio (ovvio) dell’importanza di calzare i prodotti Nike (anche se i nuovi scarpini di CR7 “diamantati” per celebrare il Pallone d’Oro sarebbero già pronti). La durezza della sconfitta, per Adidas, e l’amarezza per aver dovuto ingoiare l’ennesimo boccone amaro è ampiamente sottolineata dal rumorosissimo silenzio delle reti sociali: sui profili ufficiali della multinazionale tedesca infatti, nessuna citazione dell’evento o parola di consolazione ai due finalisti sconfitti, tranne un trafiletto su James Rodríguez, autore delle rete più bella dell’anno all’Uruguay nella rassegna brasiliana. Perché il modo migliore per minimizzare e sminuire il trionfo della multinazionale Usa con Cristiano Ronaldo è quello di “occultare” l’intero contenuto della manifestazione.

Fabio Colosimo

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Nato a Roma nel 1984, dopo la facoltà di Scienze Politiche il salto nel giornalismo sportivo con una collaborazione triennale con Canale Inter.