Da una parte Jurgen Klopp: “Io sono qui da diverso tempo e ancora ogni volta che entro sul terreno di gioco mi viene la pelle d’oca”. Dall’altra Andrea Agnelli: “Solamente dieci anni fa dalla gestione match day la serie A generava gli stessi ricavi della Bundesliga, poco meno di quelli della Liga spagnola e circa un terzo di quelli della Premier League. Eravamo già allora una tartaruga, oggi siamo un gambero”. La sfida di Champions League agli ottavi tra Borussia Dortmund e Juventus non è solo sul campo. Lo è anche attorno, nel vero senso della parola. Ed è un confronto basato sugli stadi: Westfalenstadion contro Juventus Stadium, un modello organizzativo contro un altro emergente.

Trentamila richieste di attesa per entrare nel “muro giallo”

Inaugurato per i Mondiali di calcio tedeschi del 1974, il Westfalenstadion oggi va in realtà chiamato Signal Iduna Park, dal nome del gruppo assicurativo tedesco (con sedi anche in Svizzera, Polonia, Romania e Ungheria) che nel 2005 rilevò l’impianto dal club. Nemmeno 10 anni fa infatti il Ballspiel Verein Borussia versava in difficilissime condizioni finanziarie, tanto che si era già parlato in Germania di fallimento del club.

Oggi, la squadra giallo nera è presa ad esempio come modello gestionale. In pochi anni, si è passati dal rischio crack alla finale di Champions League 2013, il tutto senza l’appoggio a Tpo come nel caso dell’Atletico Madrid. Ma seguendo invece logiche d’investimento che hanno ripagato nel tempo l’impegno economico, dal centro tecnico d’allenamento ad alta tecnologia (tramite l’uso della magic box) alla ricerca di giovani di talento tra Germania e resto del mondo come Kagawa, Lewandowski, Goetze. Il tutto accompagnato da uno stadio sempre pieno. Sempre: la media spettatori è di 80.434, su 80.552 posti totali. Ovvero, la più alta d’Europa. Il “muro giallo” della Sudtribune è il cuore caldo dell’impianto, con quasi 25mila posti.

bvb_westfalen_sudtribune

Volete fare un abbonamento allo stadio? Mettetevi in fila: le richieste per la prossima stagione ammontano già a 30mila. E sugli spalti, anche per un match di campionato di bassa classifica, non si vedono solo tedeschi: almeno un migliaio tra giapponesi (attratti negli anni da Kagawa) e inglesi accorrono allo stadio.

Una fan base da 56 milioni di euro nel 2014

L’affezione del pubblico del Borussia ha creato tre effetti. Il primo: spingere il club ad investire sul rapporto tra stadio e pubblico. Ogni pagante ha una tessera per la birra da acquistare dentro lo stadio, il clui prezzo è rimasto invariato negli anni. Nell’agglomerato dello stadio è inoltre presente un centro commerciale, dove poter acquistare i prodotti del club e contribuire così al secondo effetto, ovvero l’incremento dei ricavi commerciali. L’attaccamento del pubblico e la sua costante presenza allo stadio (progettato in modo da invogliare la gente ad andare) ha fatto sì che il Borussia attirasse nuovi partner commerciali, come Huawei e REWE, che hanno contribuito ad accrescere i ricavi commerciali del +14%. E poi, il terzo effetto: i ricavi da matchday: 56,1 milioni di euro nel 203/14. In calo rispetto ai 59,6 del 2012/13, ma nel 2013 erano poco più di 30 milioni. Colpa di una stagione che in Bundesliga ha visto partire male il club, ora in ripresa. Ma la media spettatori ha compensato i circa 3 milioni in meno con i ricavi commerciali in ascesa.

Borussia Dortmund stadi ricavi

Juventus: l’assestamento dei ricavi dopo il boom

L’evoluzione dei ricavi da stadio della Juventus rispecchia quella del Borussia, come trend. Nell’ultima stagione, i bianconeri hanno incassato dallo Juventus Stadium 41 milioni di euro dal matchday contro i 56 dei tedeschi, a fronte di un impianto più piccolo (41mila posti, in pratica è la metà del Westfalen). Sul tema della capienza, tempo fa Andrea Agnelli era stato chiaro: “la dimensione giusta, considerando che la metà dei tifosi arriva da fuori Torino”. Quello che colpisce è il trend dei ricavi bianconeri. Nel 2011, il club ha incassato 11,6 milioni. L’anno successivo, il grande salto: 31,8 milioni. Nel 2013, ancora un aumento: 38 milioni di euro. L’ultima stagione, quella del 2014 (ovvero del terzo scudetto), i ricavi da matchday sono saliti a 41 milioni. Un trend i risultati che “finora ci hanno dato ragione per la saturazione dell’impianto che ha raggiunto il 95% di saturazione media, una percentuale che in Italia non ha eguali”, spiegava a maggio 2014 Andrea Agnelli.

Per il 2015, i numeri riguardanti il matchday dovrebbero in sostanza confermare l’assestamento degli ultimi anni. Nella semestrale sulla prima parte di stagione, i bianconeri hanno dichiarato di aver incassato 19,34 milioni di euro dal botteghino. Gli incassi da abbonamenti sono aumentati, ma di poco: 20,8 milioni contro contro 20,2 dell’anno scorso.  In questo senso, a fare la differenza di qualche milione di euro tra i 38 del 203 e i 41 del 2014 sarà l’Europa e non il campionato come nel caso del Borussia Dortmund, visto che i bianconeri sono avviati verso la conquista del 4° scudetto consecutivo. Se la Juve avanzerà nel torneo, si potrà alzare l’asticella dei ricavi.

La nuova sfida: più ricavi da tutte le attività dello Stadium (e dai naming rights)

Entrare nell’area dello Juventus Stadium significa avere a che fare con catene di ristoranti, centri commerciali, museo del club. La via intrapresa dalla Juventus ricalca quella di molti altri club in giro per l’Europa. Ma dopo aver investito, la Juve deve rientrare dall’investimento. E considerato l’assestamento dei ricavi da matchday di cui sopra, la nuova sfida è quella rappresentata dall’aumento degli introiti da tutte le attività connesse allo stadio, creato per vivere non solo nel giorno della gara, ma tutta la settimana.

I numeri dicono che la sfida di può vincere. Guardando i ricavi relativi a ad attività commerciali, eventi e sponsor legati allo Stadium, nel 2013 la Juventus si è messa in tasca 7,4 milioni di euro. Mentre nel 2014, i ricavi sono cresciuti fino a 8,2 milioni di euro (contro gli 11,8 di San Siro, che però non è di proprietà ed è gestito da due club). In tutto questo, va considerato un dato: lo Stadium non ha ancora un nome. Nessuna società si è ancora accordata con la Sportfive del gruppo Lagardere, società alla quale la Juventus ha ceduto il compito di trovare un’azienda disposta a pagare la Juventus per i naming rights dell’impianto. Tali ricavi andranno nelle casse di Sportfive, che già corrisponde un fisso al club bianconero. Fino a quando sarà in vigore tale accordo, non ci sarà quindi margine sui ricavi dai naming rights.

 

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Classe 1984. Siciliano di nascita, romagnolo d’adozione, giornalista sportivo per vocazione. Tanta stampa locale (Corriere di Romagna, Resto del Carlino), poi il salto a Milano: master “Tobagi”, Sky.it, Libero, Linkiesta, Pagina99.