Diritti tv Spagna – In Liga sono pronti alla svolta storica. Dopo anni di contrattazioni singole sui diritti tv tra squadre e broacaster, squilibri economici e litigi sull’opportunità o meno di cambiare, tutto è pronto per passare al contratto collettivo. Ma manca un ultimo step: l’approvazione di una legge ad hoc da parte del Governo spagnolo.
Una diseguaglianza evidente in Europa
Basta guardare i numeri dei ricavi delle big di Spagna nell’ultima Champions, per capire lo squilibrio nella ripartizione dei diritti tv in Liga. Nella stagione 2013/14, tra Spagna (dove a testa i due club si mettono in tasca 140 milioni di euro a testa) e Champions, il Real Madrid ha incassato 204,2 milioni di euro dalla voce broadcasting, contro i 182,1 milioni dl Barça: le due occupano le prime posizioni in termini di introiti dalle tv, ma lo squilibrio è legato al market pool. Il Barcellona, uscendo ai quarti, ha di fatto arricchito le Merengues. E limitato gli introiti dell’altra finalista di coppa, l’Atletico Madrid, fermo a 96 milioni di euro di ricavi totali.
Il grande squilibrio legato agli introiti
Da tempo, in Spagna si parla della possibilità di cambiare la ripartizione dei proventi dei diritti tv in Liga. Non più trattati singolarmente, ma in maniera collettiva. Questo per evitare uno squilibrio non solo che si riflette sul market pool, ma anche internamente al campionato. In Liga, nella scorsa stagione, dopo Real e Barcellona c’era il vuoto. Come detto, le due protagoniste del Clasico incassano 140 milioni di euro a testa all’anno. Terzo in questa classifica è il Valencia con 48 milioni di euro. Segue l’Atletico Madrid con 42 milioni, poi Villareal, Siviglia e Athletic Bilbao con 32 milioni.
La contrattazione singola dei diritti tv crea non solo diseguaglianza, ma problemi di diretta. Più volte è capitato che saltasse la trasmissione live di una gara, solo perché il broacaster aveva l’accordo con una squadra, ma non con l’avversaria.
Uno storico cambiamento
Ora, la situazione potrebbe cambiare, anche se dalla stagione 2016/17. La Liga è ormai pronta ad allinearsi al sistema centralizzato che vige in altri campionati come Premier League o Serie A. Il problema è che bisogna aspettare le mosse del Governo, che dovrà prima approvare una legge sulla contrattazione collettiva dei diritti, sulla quale impostare ogni trattativa. Intanto, la Lfp (Liga de Futbol Profesional) ha evitato un possibile sciopero: “Aspetteremo i prossimi passi per vedere cosa succederà in futuro, evitando qualsiasi tipo di decisione che possa essere traumatica. “Siamo fiduciosi che questa legge arriverà”, ha spiegato Javier Tebas, che della Lfp è il presidente.
In attesa della legge, i club di Liga sono inquieti. L’iter al Governo è partito, ma fatica ad essere approvato. E molto si è lavorato per arrivare ad una soluzione pacifica. Lo scontro interno è stato durissimo. Da una parte, la maggioranza di squadre che chiede la contrattazione collettiva, dall’altra le due big come Barcellona e Real che da quell’orecchio per lungo tempo non hanno voluto sentirci. Ovvio: il Real, con l’attuale sistema, arriva a prendere fino a 8 volte in più dei club con l’accordo meno ricco (Granada, Elche, Real Valladolid, Rayo Vallecano e Almeria nel 2013/14 hanno incassato solo 18 milioni di euro). Ora anche le due big hanno cambiato idea.
Obiettivo: allineare la Liga alla Premier
La legge dovrebbe arrivare entro 12 giorni. In caso contrario, avverte Tebas, i club penseranno ad una “strategia diversa” che potrebbe riaprire lo scontro interno. C’è fretta, anche perché esiste una distanza netta con la Premier (che ha appena concordato un nuovo accordo per il prossimo triennio da 7 miliardi), dimostrata dal fatto che ci sono “quattro milioni di abbonati in Spagna e 15 in Inghilterra. Ogni settimana, hanno 11 milioni di spettatori in più. Questo rende le differenze economiche molto elevate. Dobbiamo passare da quattro a otto milioni di abbonati in un periodo di tre o quattro anni”.