L’accordo non è ancora chiuso, ma l’uscita pubblica di Silvio Berlusconi e Bee Taechaubol, questa mattina davanti al Park Hyatt di Milano dopo il faccia a faccia tra i due, rappresenta un importante passo in avanti per la costruzione di un nuovo Milan, finalmente competitivo in Italia e in Europa. Questa sarebbe infatti una delle condizioni che l’attuale numero uno del club rossonero avrebbe posto alla cordata guidata da Mr Bee per ragionare sul nuovo assetto azionario della società, che dovrà essere definito nelle prossime settimane. E in effetti se, come ormai sembra molto probabile, Taechaubol e i suoi soci diventeranno azionisti del Milan, il club rossonero potrebbe contare su una considerevole dote finanziaria da utilizzare già nella prossima sessione del calciomercato.
Ipotizzando che i capitali freschi raccimolati da Mr Bee non finiranno nelle casse della Fininvest, ma direttamente in quelli del club, attraverso un aumento di capitale riservato ai nuovi soci. E considerato che Taechaubol avrebbe valutato il diavolo circa 950 milioni di euro (al netto dei 250 milioni di debiti finanziari), se i nuovi soci entreranno subito con il 49%, nelle casse del club finiranno circa 465 milioni. Una cifra imponente che, se da un lato potrebbe essere utilizzata per lo sviluppo commerciale e infrastrutturale del club (il progetto stadio ha un costo di circa 300 milioni), dall’altro dovrebbe essere utilizzata per rafforzare la squadra per la prossima stagione.
Ma al di là delle dichiarazioni odierne di Berlusconi, che lasciano ben sperare i tifosi rossoneri, il nuovo corso del Milan dovrà necessariamente fare i conti con le stringenti regole del fair play finanziario. Regole che il club potrebbe “ignorare” nella prossima stagione, visto che difficilmente la squadra attualmente guidata da Filippo Inzaghi riuscirà a strappare un posto per la prossima Europa League, ma che potrebbero limitare la libertà di manovra in termini di investimenti sul mercato dal 2016/17, qualora il Milan dovesse tornare in Europa.
Le perdite accumulate dal Milan nelle ultime stagioni, cui si sommerrà quella relativa all’esercizio 2015 (difficile immaginare un risultato positivo nel breve periodo), potrebbero infatti costringere la futura proprietà del Milan a spalmare nel tempo gli investimenti necessari a rilanciare la competitività della squadra. Difficilmente infatti i ricavi del Milan, nonostante i piani di Taechaubol per rilanciarne il brand in Asia e nel Mondo, avranno una crescita esponenziale e saranno fin da subito così capienti per assorbire i costi (in termini di costo del personale e ammortamenti) necessari ad allestire una squadra di vertice in Europa.
Da questo punto di vista il pacchetto di benvenuto (welcome package) contenuto nella proposta, recapitata dai club europei alla Uefa, contenente suggerimenti per modificare il regolamente sul Fair Play Finanziario, sarebbe una misura che agevolerebbe i piani di Mr Bee e le ambizioni di Berlusconi (leggi la proposta dei club all’Uefa rivelata da C&F)
La proposta prevede infatti che i club nel cui capitale sono entrati (o entreranno) nuovi investitori possano permettersi una perdita massima di 50 milioni di euro nel primo anno, per poi diminuire a 40 milioni nel secondo, a 30 nel terzo e infine a 20 nel quarto. Un tetto dunque meno stringente rispetto ai 45 milioni cumulati in tre anni previsto dall’attuale regolamento.
Non è forse un caso che proprio di recente Umberto Gandini, direttore dell’organizzazione sportiva del Milan e vicepresidente dell’Eca abbia sottolineato le difficoltà create dal Financial Fair Play a nuovi investitori. «Il fair play finanziario», ha affermato Gandini nel corso dei Globe Soccer Awards di fine dicembre a Dubai, «ha portato un po’ di buon senso nella gestione delle società di calcio. È stato un successo in termini di riduzioni delle perdite complessive del calcio europeo. Dall’altro lato c’è però da considerare come alcuni club a causa di questo sono cristallizzati, ci sono investitori che vorrebbero entrare in gioco ma che vengono frenati proprio da questo meccanismo. In Europa in questo momento ci sono solamente 5-6 grandi club, quello a cui dovrebbe mirare l’Uefa è di avere come minimo 20 grandi club».
L’alternativa potrebbe essere quella di fare leva sul portafoglio di giocatori del fondo Doyen di Nelio Lucas. Così hanno lasciato intendere le cronache della giornata di ieri. Ma va considerato che dal primo maggio 2015 l’utilizzo da parte dei club di giocatori partecipati da terze parti come Doyen (le cosiddette Tpo) non è più legale.