Il grande nodo irrisolto dell’organizzatissimo calcio inglese rimane uno solo: come ammortizzare l’effetto della retrocessione dalla Premier league alla Championship. Il tema è stato al centro del dibattito all’indomani della firma del nuovo mega contratto televisivo del campionato inglese da circa 3 miliardi di euro l’anno, che entrerà in vigore dalla prossima stagione, e tornerà probabilmente di attualità nelle prossime settimane.
Quello che sta per accadere è curioso visto che Hull e Newcastle nonostante conti assolutamente in ordine potrebbero essere messe immediatamente in vendita in caso di retrocessione.
Con il titolo già assegnato al Chelsea, e la zona Champions occupata da Manchester City e Arsenal davanti al Manchester United, gli ultimi 90′ regaleranno soprattutto il pathos dell’ultima retrocessione: il Newcastle a 36 ospita il West Ham ed è favorito sull’Hull a 34 che riceve il Manchester United.
Il bilancio consolidato, al 30 giugno 2014, di “Newcastle United Limited” aveva infatti evidenziato un utile di £ 18,7 milioni, quasi il doppio dell’esercizio precedente, che era pari a £ 9,9 milioni. Per il Newcastle, la stagione 2013/14 è stata caratterizzata come per tutti i club della Premier anche da un fatturato record pari a £ 129,7 milioni, pari a circa € 155,1 milioni.
Per quanto riguarda invece “Hull City Tigers Limited”, cui fa capo l’Hull City aveva chiuso il suo primo anno in premier grazie ad un risultato netto positivo per £ 9,4 milioni (circa 11,7 milioni di Euro al cambio storico) dopo una perdita rilevante, registrata nel 2012/13 di £ 25,6 milioni. Il fatturato – anche qui record – era stato di 84,5 milioni di sterline (105,5 milioni di euro).
Da ricordare che al 30 giugno 2014 il rapporto sterlina/euro era di 9/10 mentre ad oggi è salito a 7,25/10.
Cosa succede in caso di retrocessione? Il sistema paracadute garantisce a chi retrocede 23 milioni di sterline il primo anno, 18 milioni il secondo e 9 milioni di sterline il terzo e quarto, a condizione che il club non salga nuovamente. Questo non tanto per alterare la competitività della Championship quanto per tamponare i conti
In entrambi i casi, tuttavia, il ritorno in Championship nel giro di pochi anni (va ricordato che il Newcasle è in Premier da cinque anni e l’Hull da due sole stagioni) significherebbe una mazzata sui conti. Anche perché nel 2014 il Newcastle ha preso 92 milioni di sterline dalle tv e l’Hull si è fermato a 80.
Le indiscrezioni sul Newcastle sono venute da Freddy Shepherd, secondo cui Mike Ashley (a cui Shepherd aveva venduto il club nel 2007) “non sarebbe disposto a sopportare il peso di un’altra retrocessione nel giro di 6 anni”.
Sulla sponda Hull invece è lo stesso proprietario, l’egiziano Assen Allam (nella foto, in carica dal 2010), a non smentire l’ipotesi pur alzando la posta da buon venditore. “Se lo facessi solo per soldi avrei già venduto” ha dichiarato Allam, che già un anno fa quando perse la causa per cambiare il nome da Hull City a Hull Tigers (per questioni di marketing, a suo dire) dichiarò in vendita il club, pur senza mai accettare le offerte che gli sarebbero pervenute in seguito.
Alla luce del rapporto non facile con la piazza, quindi, la sua volontà di “vendere a qualcuno che abbia una visione lungimirante” pare più che altro la necessità di manifestare un disimpegno comunque caratterizzato da passione e non da meri interessi economici.
Le due piazze (Newcastle in particolare) mal sopporterebbero – naturalmente – la retrocessione. Ma alle prospettiva di cessione le piazze inglesi sono assolutamente abituate e quindi nella testa dei tifosi lo spettro del declassamento sportivo è l’unico a preoccupare.
Ma in un campionato in cui la corsa all’oro dei diritti tv è iniziata in maniera insospettabile anche per i club di prima fascia, dopo le dichiarazioni di Allardyce (West Ham) e Pochettino (Tottenham), secondo cui non andare in Europa sarebbe un vantaggio perché permetterebbe di concentrarsi sui più ricchi premi di Premier, è facile immaginare che lo spettro retrocessione possa rappresentare per molte proprietà un punto di non ritorno.