Nei suoi 17 anni da presidente della Fifa, Sepp Blatter di candidati ne ha fatti fuori parecchi. Molti si sono autoesclusi, quando hanno capito che per la poltrona più importante non c’era partita. Così ha fatto anche Luis Figo, che oggi commenta senza sorprese gli arresti di ieri: “Non ho più nulla da dire. Ho parlato prima, quando ho abbandonato ufficialmente la mia candidatura, quindi non si può dire che le cose non fossero chiare già da tempo”. Lui e Van Praag, il presidente della Federcalcio olandese, si sono tirati indietro a pochi giorni dalle elezioni perché “nella Fifa vige una dittatura. Un uomo solo comanda sugli altri, da troppi anni, e impedisce che la democrazia trionfi”. Sembra di sentire le accuse di Diego Armando Maradona, da sempre nemico di Blatter, lanciate con una lettera durissima al Telegraph in cui definiva il capo della Fifa “uno che gode della stessa stima di un mafioso che riesce ad evitare sempre il carcere”.

“In questi mesi elettorali – ha raccontato al Corriere della Sera l’ex candidato portoghese Figo – ho girato il mondo e tutti erano d’accordo con me: bisogna cambiare la Fifa, ripulirla. E’ un’organizzazione buia, tenebrosa, dove impera la corruzione, come dimostrano gli scandali di questi anni. Il mondo del calcio mi aveva convinto che la scelta di candidarmi per migliorare il nostro sport fosse giusta”. E poi? “Ho visto cose vergognose. Ho visto presidenti di federazioni parlare di Blatter come del demonio; il giorno dopo lo paragonavano a un santo, o a Gesù. Strano, brutto. Inoltre le regole di questa elezione non sono democratiche”. Figo spiega perché: “Ai candidati veniva proibito di pronunciare discorsi rivolgendosi alle federazioni ai congressi. Solo a un candidato, indovinate quale, era permesso di parlare sempre dal palco…”, ribadisce il portoghese, che già nelle scorse settimane si era lamentato pubblicamente della disparità di possibilità rispetto a Blatter.

“Non c’è mai stata la possibilità di esporre i propri programmi e di discuterne, di allestire un dibattito, un confronto. Allora questa non è un’elezione. Così è un plebiscito per consegnare il potere nelle mani di un solo uomo. Vince lui e perde il calcio. Ecco perché mi sono ritirato”. Ma non è detto che non cambi idea, se alla Fifa le cose dovessero svoltare in un’altra direzione: “Solo in un caso sarò disponibile: se avrò la prova che non viviamo più in una dittatura. Allora avrò un ruolo attivo nella rinascita della Fifa, e del calcio mondiale. Che vive nelle tenebre”

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25 anni, milanese, giornalista professionista freelance. Liceo classico, studi umanistici e poi il master in giornalismo alla Walter Tobagi. Ho lavorato per Sportmediaset, Telelombardia, Goal.com, Datasport e Milanotoday.