Elezioni FIFA – La caccia all’uomo è iniziata. No, stavolta non ci riferiamo alla megainchiesta a tuttocampo di Interpol e FBI che ha scoperchiato il pentolone puzzolente del calcio mondiale. Da Platini a Collina (sì, proprio lui, il nostro ex arbitro più famoso), le dimissioni di Sepp Blatter hanno aperto un toto nomi planetario che va dalla Giordania agli Stati Uniti passando dalla Francia e toccando gli angoli più remoti del Paese.

Lo scenario.

Prima di valutare i candidati analizziamo attentamente i blocchi di voto. Il magic number è 105, ovvero la metà più uno dei 209 membri. Ovviamente nessuna federazione ha la possibilità di egemonizzare l’elezione al punto di agire isolatamente: ogni federazione nazionale conta uno. Un Paese, un voto. Così anche le sei confederazioni continentali contano uno: un continente, un voto.

Le regole prevedono un quorum dei 2/3 dei membri per l’elezione alla prima e seconda votazione (139 voti totali) e il 50%+1 dalla terza. Blatter qualche giorno fa venne rieletto alla seconda grazie al ritiro del principe Alì bin Hussein dopo aver preso 134 voti alla seconda chiamata.

Solo la CAF (ovvero la federazione africana che conta su 54 voti) e la UEFA (53 voti europei), sommando il consenso dei loro membri, potrebbero ottenere la maggioranza, ma storicamente i due continenti sono portatori di interessi divergenti.

Non solo, è la stessa Uefa, oggi, che detenendo al suo interno gli interessi economici più pesanti, appare come la più frastagliata e meno unitaria tra le federazioni.

Ecco quindi che a risultare decisiva in questi anni (ed a rappresentare l’asse del potere di Blatter) è stata una combinazione trasversale di voti tra Africa, Concacaf (35 rappresentanti da Nord, America Centrale e Caraibi) e AFC (46 rappresentanti dell’Asia).

Rimangono sullo sfondo, ma non troppo, le cenerentole Conmebol (Sud America, 10) e OFC (Oceania, 11) anche se al loro interno troviamo il Brasile, federazione non certo secondaria anche per la portata simbolica che il paese ha nell’economia del calcio mondiale.

Una premessa.

Capire oggi chi potrà essere il prossimo presidente della FIFA è sostanzialmente impossibile se non si dispone della celebre palla di vetro. Ciò non vieta di comporre lo scacchiere mondiale dei papabili.

L’impressione è proprio questa: nulla come l’elezione che si dovrebbe tenere tra la fine di quest’anno e la primavera 2016 (anche se ci sono già ipotesi di nomina per acclamazione) è paragonabile all’elezione del papa, con cardinali provenienti da tutto il mondo che nel segreto delle loro stanze decidono le sorti del business planetario per antonomasia.

I candidabili.

Anche in questa occasione, ad esempio, esiste un candidato che rischia come dice un antico detto di “entrare in conclave da papa e uscirne da cardinale”.

Il principe Ali bin al-Hussein è il candidato in pole position, ma corre il rischio clamoroso di fare la fine dell’eterno secondo, ha fatto bene a giocarsi le sue carte come antagonista di Blatter: senza una connotazione riformatrice così forte non sarebbe mai stato tra i “papabili”, ma tolto di mezzo il suo antagonista rischia di perdere tutto il suo appeal.

Inoltre, la sua posizione all’interno della confederazione asiatica è tutt’altro che sicura: la sua è stata una candidatura trasversale senza una forte base regionale di sostegno sulla quale costruire una prospettiva vincente.

Platini Uefa
Il presidente della Uefa, Michel Platini

Michel Platini. Presidente UEFA, ex calciatore già nella lista “FIFA 100” dei migliori di sempre, era l’erede designato. Tra coloro che hanno votato Qatar nell’assegnazione del mondiale 2022, ha forse commesso lì l’errore più grande.

Si è pure difeso da accuse di corruzione, comunque totalmente non provate. Esce indebolito dall’elezione di venerdì dopo aver invitato Sepp Blatter a dimettersi e i suoi a votare il giordano Ali bin Hussein col risultato di mostrare una Uefa divisa.

La caduta anzitempo di Blatter in questo senso ha certamente danneggiato prima di tutto Platini, che in condizioni normali sarebbe arrivato in carrozza al soglio mondiale e che invece ora viene pizzicato in fuorigioco: curioso destino per uno che da calciatore segnava molto partendo da dietro.

Angel Maria Villar Llona presidente della federazione spagnola al settimo mandato, ex calciatore dell’Athletic Bilbao, 22 volte nazionale spagnolo dal ’73 al ’79, è vicepresidente del Comitato esecutivo FIFA. In patria è ormai a fine corsa anche in seguito alla battaglia persa contro il presidente della Liga Tebas, sulle nuove leggi sui diritti tv.

E’ uscito sconfitto nell’assegnazione del mondiale 2018 a cui aveva candidato congiuntamente Spagna e Portogallo, ma il suo ruolo non è mai stato trasparente. Di lui si è sospettato nel quadro del “commercio di voti” per i tornei 2018 e 2022.

Con Francia (la federazione transalpina è in aperto dissenso con Platini) e Russia ha rappresentato il fronte europeo più vicino a Blatter e in questo senso potrebbe giocarsi le sue carte. A furia di sconfitte una mediazione al ribasso sul suo nome potrebbe addirittura finire per solleticare molte fantasie.

Elezioni Fifa Figo
L’ex campione di Barcellona, Real Madrid e Inter, Luis Figo

Luis Figo e Michael van Pragg hanno corso contro Blatter ritirandosi prima della votazione. I loro nomi potrebbero tornare di moda in una fase successiva, al momento si tratta di candidature “bruciate” con scarso appeal, certamente subordinate rispetto ad esempio al principe Alì capace di andare fino in fondo nella battaglia d’opposizione.

Sunil Gulati è il presidente della federazione statunitense. Uomo ambizioso, entrato nel board della FIFA nel 2013 quando rimpiazzò Chuck Blazer, la gola profonda usata dall’FBI per arrivare al cuore del sistema corrotto del calcio internazionale, risulta del tutto pulito anche per la grande capacità di mantenere un profilo critico all’interno del board stesso, diventando uno dei primi non-sostenitori di Blatter.

Ma con il baricentro dell’indagine giudiziaria proprio negli Stati Uniti il suo nome pare poco spendibile soprattutto dal punto di vista delle opportunità. Anche se è evidente che l’intero impianto dello Scandalo FIFA nato da un’inchiesta statunitense ha gli interessi del business emergente legato al “soccer” nella lista delle priorità da tutelare.

Ciò che è chiaro è che nonostante la poca prevedibilità su chi sarà il successore di Joseph Blatter, Gulati sarà certamente uomo di equilibrio o per dirla all’americana un “influencer” decisivo ed assai più pesante dei singoli voti che riuscirà a veicolare.

Pierluigi Collina. No, non è una boutade, ma l’ipotesi che l’autorevole rivista americana di business, sempre più attenta negli ultimi anni al mondo del calcio, Forbes, ha avanzato nelle ultime ore, facendo leva sulla credibilità del nostro ex arbitro più in vista.

L’impressione è che il suggerimento implicito sia un altro: il calcio mondiale ha bisogno di “un” Pierluigi Collina, indicando con il nome dell’ex arbitro un profilo di credibilità e rettitudine più che l’uomo in sè. Uno scenario questo che lascia strade aperte ai nomi di Zico o quello ancor più fantasioso del francese David Ginola. 

L’impressione che la FIFA (o chi per essa) cercherà un uomo-immagine è forte e il quadro rimane quindi aperto e fortemente mutevole.

Nel frattempo anche Chung Moon Joon, miliardario discendente della dinastia che ha dato vita al gruppo Hyunday, ha annunciato l’interesse a correre per la presidenza FIFA. Già a capo della federazione calcistica Sudcoreana, è stato il gestore dell’operazione dei mondiali 2002 in coabitazione con il Giappone.

Da membro del board FIFA è sempre stato un critico nei confronti di Blatter (va ricordato che la designazione dei due paesi avvenne prima dell’avvento dell’attuale presidente, quando la federazione mondiale era guidata da Joao Havelange).

Lo stesso Chung Moon ha annunciato un “giro di consultazioni” con i presidenti federali, per verificare il proprio appeal e pesare le proprie chances di vittoria.

L’impressione è che, come lui, molti altri potranno intraprendere un percorso (più o meno lungo) per proporre in maniera (più o meno esplicita) la propria candidatura.

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Un bresciano a Manchester. Tra giornalismo economico e football scouting