“Un’opportunità per ripartire”. Un colpo di spugna sull’immagine, ma anche un trampolino per costruire un futuro nuovo. Per Marco Tardelli, ex centrocampista della Juventus, lo scandalo di Calciopoli e la retrocessione dei bianconeri in Serie B è stato questo. “Un’occasione per diventare più trasparenti riguardo a quel che si stava facendo. Le altre squadre, che si comportarono allo stesso modo ma non furono retrocesse, non hanno goduto di quel taglio netto. La Juventus è ripartita e ora è migliore”.

La gestione di quegli anni secondo molti osservatori è stata decisiva: lì, tra investimento sui giovani – Marchisio e Giovinco esordirono in Serie B guidati da Deschamps – e progetto del nuovo stadio, la nuova Juventus seminò quel che poi avrebbe raccolto con Conte e ora con Allegri. Fino alla finale di Champions League. “Il club – racconta Tardelli in una lunga intervista al Guardian sul trentennale dell’Heysel – è cresciuto dal punto di vista finanziario ed è tornato a vincere campionati. Semplicemente è tornato ad essere la Juventus. Abbiamo di nuovo un Agnelli alla presidenza, Andrea, che è il figlio dell’ex presidente Umberto Agnelli. Stanno tornando le glorie dei giorni migliori”.

Il fatturato della Juventus in questi anni è cresciuto più velocemente di quello di tutte le altre squadre italiane. Grazie ai circa 100 milioni di euro incassati con il raggiungimento della finale di Champions League i bianconeri supereranno per la prima volta la soglia dei 300 milioni di fatturato. E nei prossimi 3-4 anni, disse il presidente Agnelli, l’obiettivo sarà quello di portarla al quinto posto in Europa per ricavi, dietro solamente a Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United.

La Juventus, ha detto Tardelli, “apparteneva alla famiglia Agnelli, una grande famiglia, che possedeva anche la Fiat. Ai miei tempi gestivano la squadra nello stesso modo in cui amministravano la casa d’auto. Con gli stessi standard. Era vietato, per esempio, farsi un tatuaggio. Era importante la disciplina: non in maniera restrittiva, però bisognava seguire le regole. Insistevano affinché studiassimo, perché la loro filosofia riteneva che fosse più facile gestire dei giocatori che avevano una cultura e un’intelligenza. Per questo ho studiato nel tempo e ho preso una laurea”.

PrecedenteStadio Milan difficile al Portello, si studiano aree alternative
SuccessivoRoma, Pallotta: il fatturato non sia una scusa, il gap con la Juve va colmato
25 anni, milanese, giornalista professionista freelance. Liceo classico, studi umanistici e poi il master in giornalismo alla Walter Tobagi. Ho lavorato per Sportmediaset, Telelombardia, Goal.com, Datasport e Milanotoday.

1 COMMENTO

  1. Tutto il rispetto per Tardelli. Ma queste dichiarazioni mi sembrano paradossali.
    – La juve prima di calciopoli aveva un fatturato di poco inferiore a quello attuale.
    – Il fatturato della Juve era tra i primi di Europa e paragonabile a quello di Real, Manchester, Bayern.
    – I ricavi commerciali erano allo stesso livelli quelli attuali e in alcune voci leggermente maggiori.
    – Il progetto stadio è partito con Giraudo e Calciopoli lo ha solo ritardato.
    – In squadra c’erano campioni che ci siamo sognati per i seguenti 5 anni. Il solo Ibra ha spostato gli equilibri del campionato passando all’Inter dove ha vinto 3 scudetti. Non è inverossimile pensare che la Juve avrebbe continuato a vincere in Italia e a fare bene in Europa.
    – Marchisio e Giovinco sono frutti del vivaio del periodo pre-calciopoli. Se è vero Marchisio è stato valorizzato durante l’anno in B, non direi che Giovinco abbia mai trovato molto spazio alla Juve (se non nel secondo anno di Conte).
    – Il fatto che la Juve abbia “goduto di quel taglio netto” è poi veramente ridicolo: la serie B e gli anni seguenti sono costati due aumenti di capitale da 100 milioni.

Comments are closed.