Juventus Stadium, la pratica inerente la chiusura della curva è chiusa. Infatti, il Collegio di Garanzia dello Sport ha reso note le motivazioni della decisione con la quale, nel respingere il ricorso della Juventus, è stata confermata la decisione assunta dalla Corte Federale d’Appello della Figc che ha disposto, a carico del club bianconero, l’obbligo di disputare una gara con la curva Sud dello Juventus Stadium a porte chiuse, oltre l’ammenda di 30.000, a seguito dei fatti occorsi durante il derby contro il Torino, disputatasi allo Stadio Olimpico lo scorso 26 aprile.
Il Collegio di Garanzia – si legge nel comunicato – muove dalla considerazione che “nella società contemporanea l’ordinamento (quello sportivo, ma anche quello statale, per altre ipotesi) prevede casi in cui, soprattutto ove alcune attività possano determinare rischi per una collettività (nel nostro caso coloro che assistono ad una competizione sportiva), determinati soggetti debbano rispondere di illeciti altrui pur in assenza di propria colpevolezza”.
Per il Collegio di garanzia, “nella responsabilità oggettiva – ed è anche il caso in esame – vale il così detto principio di ‘precauzione’, in forza del quale l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è talmente forte che il criterio di imputazione della responsabilità, a carico della società calcistica, è talmente severo e rigoroso da consentire di irrogare sanzioni oltre e al di là di ogni individuazione di colpevolezza (e ciò, ovviamente, fatta salva la punibilità anche penale, come nel caso in esame, dell’autore materiale ove individuato).
Ritiene il Collegio che “il principio di precauzione, cui la responsabilità oggettiva della Società calcistica si collega, sia ben coerente con le finalità istituzionali perseguite dalle istituzioni e dagli altri soggetti operanti nel mondo dello sport: promuovere trasparenza, correttezza, ordine e rispetto dell’avversario in una libera competizione ove il migliore prevalga.
La responsabilità oggettiva, che ha un forte effetto dissuasivo, preventivo e riparatorio, prescinde, tuttavia, da ogni giudizio di disvalore verso la Società sanzionata. Non è, in altri termini, la ‘rimproverabilità’ o una ‘culpa in vigilando’ che può determinare, nel caso in esame, la responsabilità oggettiva della ricorrente Juventus, ma il solo fatto, oggettivo e materiale, che un ordigno esplosivo estremamente pericoloso per l’incolumità degli altri spettatori sia stato lanciato da un contesto – il settore ospiti, occupato dai tifosi juventini – riconducibile alla Società sanzionata”.
Ecco perché – sempre secondo il Collegio – “la giusta rivendicazione, da parte della ricorrente (la Juventus, ndr), di aver sempre operato per la prevenzione e di non aver potuto in alcun modo impedire il lancio della bomba carta non può avere rilievo esimente: appunto, perché ai fini della sanzione, l’ordinamento prescinde non solo dalla responsabilità diretta, ma anche da quella, indiretta, eventuale, per mancata prevenzione o vigilanza.
La Società ricorrente, per argomentare sulla totale mancanza di collegamento tra l’autore materiale del gesto criminale e la squadra, si è a lungo soffermata sulle caratteristiche della persona tratta in arresto come presunto responsabile. Tali argomenti non hanno rilievo dirimente, secondo il Collegio, ai fini della esclusione della responsabilità; ritiene, infatti, il Collegio, che ciò che rileva non è tanto la qualità dell’individuo, quanto il ‘contesto’, cioè l’ambito settoriale dello stadio, da cui la bomba è stata lanciata.
Non vi è dubbio che il contesto – tribuna ospiti, giocando la Juventus come ospite del Torino – fosse proprio quello dei ‘sostenitori’ della Juventus; ed è altrettanto evidente che quel ‘contesto’, cioè quella tribuna ospiti, occupata dai tifosi juventini, allorché dal proprio interno, al primo minuto del primo tempo, è stata lanciata una bomba che ha ferito alcune persone, non solo non ha compiuto alcun gesto di esecrazione, condanna o almeno dissociazione, ma al contrario, per i rimanenti 89 minuti, ha continuato con lanci di petardi e altri materiali a tenere in piedi una situazione di grave tensione e violenza (per la quale, peraltro, la stessa Juventus è stata ulteriormente sanzionata con misura pecuniaria)”.
Ritiene in altri termini il Collegio che il “gesto criminale del lancio dal settore ospiti sia provenuto da un contesto di sostegno alla squadra con inaccettabile violenza, e che per la responsabilità oggettiva sia ampiamente sufficiente la provenienza, la ‘copertura’ e il ‘sostegno’ esplicito e implicito (con la mancata dissociazione e con la prosecuzione del lancio di petardi) da parte della tifoseria ivi presente. Il Codice di Giustizia sportiva punisce, infatti, il comportamento dei ‘sostenitori’ e non solo quello degli abbonati o dei titolari di tessera del tifoso.
E il concetto di sostenitore, non a caso distinto dalla norma rispetto agli appartenenti alla tifoseria organizzata (che sono anch’essi, com’è ovvio, ‘sostenitori’…), non richiede un’indagine sulla ‘intensità’ della passione sportiva, ovvero sulla prevalenza di intenzioni violente ‘accanto ed oltre’ la passione sportiva”. Ciò premesso, il Collegio sottolinea come “lo stesso autore materiale del crimine ben può essere indicato come ‘sostenitore’ della Juventus essendovi, in proposito, autorevoli valutazioni di organi di polizia, e veri e propri dati di fatto oggettivi che consentono di individuare l’autore del reato come persona vicina alle frange ultrà del tifo bianconero e assiduo frequentatore del Settore Sud dello Juventus Stadium.
In conclusione, è ben vero che la Società ricorrente ascrive ai comportamenti criminali del soggetto effetti del tutto controproducenti per le sorti della squadra ‘sostenuta’. Ma ciò non toglie né che l’autore materiale, né – soprattutto – il contesto settoriale (tribuna ospiti) da cui la bomba è stata lanciata siano oggettivamente riconducibili al sostegno alla squadra juventina. E che quest’ultima perciò, ancorché non ‘rimproverabile’ per azioni od omissioni, debba soggiacere a titolo di responsabilità oggettiva”.