Nel 2014, il mercato del licensing ha generato vendite record per oltre 240 miliardi di dollari. Un incremento notevole, aiutato dai 26 miliardi di dollari ai quali ha contribuito lo sport, con il suo 11%.

I dati sono stati forniti dall’Annual Global Licensing Industry del Lima, l’associazione internazionale che riunisce le industrie legate al merchandising, e ripresi dal magazine inglese specializzato Fc Business. E dimostrano che l’industria del licensing non è solamente legata alla vendita di prodotti di un certo brand sportivo. Ma è molto di più.

Il licensing come modo di avvicinarsi al club

Per licensing, prima di tutto, intendiamo la cessione da parte di un club detentore di un diritto ad un altro soggetto, perché possa trarne un beneficio economico producendo prodotti su licenza. Per un club sportivo, affidarsi al licensing non è solamente un modo per generare ricavi, ma anche per far passare il giusto messaggio legato al marketing, o mettere in contatto i fan con i giocatori e l’immagine del club. Quest’ultimo aspetto è quello decisivo, soprattutto per quanto riguarda il mondo del calcio europeo. I grandi club del Vecchio Continente sono stati i primi a usare il licensing per avvicinarsi ai tifosi, andando incontro a quello che Bruno Schwobthaler, nel suo libro Licensing for Growth, chiama il beyond the 90 minutes need, ovvero il bisogno che va oltre i 90 minuti.

Negli ultimi 5 anni, in particolare, i club inglesi sono stati quelli che hanno fatto passi in avanti più grandi. Il Chelsea ha varato nelle ultime stagioni un programma su scala mondiale compresi Usa e Asia, mentre l’Arsenal ha deciso di avvicinarsi al pubblico dei tifosi più giovani con lo show Footy Pupsper incoraggiare i ragazzi ad una vita attiva ed allo sport di squadra, in onda sul celebre programma inglese della Bbc “CBeebies”. Ma ci sono anche le squadre italiane. In particolare il Milan, che con l’attività di co-branding con la Hello Kitty ha cercato di crearsi un varco tra il pubblico femminile di tutto il mondo.

Il Chelsea, a sua volta, si è “simpsonizzato” per andare incontro ai più giovani e al mercato statunitense. Quello dei ragazzi è il mercato al quale i club guardano con estremo interesse: lo dimostra, ad esempio, l’attenzione ai videogame: da diversi anni, ormai, le leghe top europee e la Mls cedono i propri diritti alle grande serie di calcio, come Fifa di Easports o Pes della Konami. 

licensing chelsea simposn
Il programma di licensing del Chelsea ha visto anche coinvolti i calciatori “simpsonizzati”

Si cerca quindi di avvicinare i club al pubblico, ma non solo. Talvolta tocca ai singoli giocatori, già più vicini di un tempo ai tifosi grazie a internet e ai social network. Durante la scorsa stagione, ad esempio, la società Mask-Arade ha creato maschere per i sei giocatori più famosi della rosa dell’Arsenal. Un modo come un altro per sentirsi Sanchez o Ramsey: indossandone la maglietta, o direttamente la “faccia”.

Il licensing come fattore di penetrazione per nuovi mercati

“Concedere in licenza il marchio di una società in settori di prodotti in cui la migrazione del marchio è significativa e credibile può generare significativi redditi d’impresa incrementali e allo stesso tempo anche rafforzare positivamente gli attributi fondamentali del marchio, promuovere l’esposizione del marchio e raggiungere nuovi consumatori. Può essere un ciclo virtuoso di grande beneficio”, spiega sul proprio sito la Img, società leader a livello mondiale nel campo del licensing sportivo.

Una società direttamente coinvolta nella campagna che la Uefa, a livello di licensing, sta progettando per i prossimi campionati europei di calcio del 2016. Un progetto che ha come obiettivo quello di catturare un pubblico più ampio possibile di appassionati di sport, in Europa e non solo, tramite il lancio di prodotti legati ai settori fashion, lifestyle e leisure (il tempo libero).

Sì, perché l’obiettivo è quello di crearsi una fan-base internazionale. Questo grazie alla nascita e al successivo sviluppo di modalità come l’e-commerce, che permette di operare acquisti da casa e che di fatto amplia il pubblico, trasformando il mercato del licensing in fenomeno globale. Negli ultimi mesi club di Premier League come Tottenham, Liverpool e Swansea si sono affidata all’agenzia di Atlanta Fermata Partners, per sviluppare il proprio mercato del licensing in Nord America, mentre il Manchester United sta penetrando in mercato come quello asiatico e sudafricano con il programma “United: Live”, che prevede giochi e sessioni di domande e risposte con alcuni giocatori.

Manchester United, il campione del licensing

Proprio lo United è l’esempio chiave per capire il potere del licensing per un club di calcio. Lo riconosce la stessa Img, che definisce i Red Devils come “Modello del marchio globale”. Nell’ultima stagione, ad esempio, il Manchester United ha chiuso 38 contratti con altrettanti regional sponsor, raggranellando secondo un report di Repucom ricavi totali per 32 milioni di euro. Una strategia iniziata 6 anni fa, quando il club siglò un accordo con la vodka Smirnoff come “responsible drinking partner” nella zona Asia-Pacifico.

licensing manchester united
Il licensing dello United coinvolge innumerevoli prodotti, da cappelli a tazze passando per prodotti per altri sport come il golf

Una strategia che dimostra l’attenzione del club per i nuovi mercati e che si traduce anche nel licensing. Il merito del club è stato quello di essersi dotata della vendita diretta dei prodotti con marchio United online prima di molti altri club, intercettando quindi le nuove esigenze del mercato e, soprattutto, la globalità del fenomeno. Non è un caso che il club riesca ad ottenere ricavi sia dalla vendita all’ingrosso che da quella al dettaglio, passando per una gestione diretta del marchio: guardando agli ultimi bilanci, gli introiti da merchandising, retail e products licensing negli anni passati hanno rappresentato una buona fetta dei ricavi commerciali totali. Nel 2009 erano 23,3 milioni di sterline su 66 totali e nel tempo sono cresciuti, arrivando al tetto massimo nel 2013, con 38 milioni di sterline di ricavi. Il tutto sfruttando una rete di licenziatari mondiale tra le più ampie dello sport globale.

 

 

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Classe 1984. Siciliano di nascita, romagnolo d’adozione, giornalista sportivo per vocazione. Tanta stampa locale (Corriere di Romagna, Resto del Carlino), poi il salto a Milano: master “Tobagi”, Sky.it, Libero, Linkiesta, Pagina99.