Campionati nazionali – All’inizio di questa stagione calcistica tre dei cinque campionati europei più importanti (Serie A, Premier League, Liga, Bundesliga e Ligue 1) vedevano ai nastri di partenza la squadra campione in carica cercare di confermare il proprio successo per la terza, quarta, se non addirittura quinta volta consecutiva. Sintomo questo di minore competitività entro i confini prettamente nazionali?
Analizziamo dunque l’albo d’oro relativo alle ultime cinque stagioni dei principali tornei nazionali in Europa:
Come si evince dalla tabella, Serie A, Bundesliga e Ligue 1 hanno avuto lo stesso padrone durante le ultime tre stagioni (per precisione la serie A addirittura per le ultime quattro), mentre discorso differente può essere fatto per le altre leghe nazionali: la Liga, dalla stagione 2003/2004 terreno di conquista esclusiva per Barcelona e Real Madrid ha visto trionfare a sorpresa l’altra squadra di Madrid, l’Atletico, nel corso della stagione 2013/2014 e la Premier League invece si è confermato il campionato più competitivo e “democratico”, in quanto ogni anno è cambiato il vincitore finale (anche se va sottolineato che solamente tre sono state le compagini che si sono alternate al comando: i due Manchester, United e City, ed il Chelsea).
Come interpretare dunque questi trend alla luce dell’ultima sessione di calciomercato? Nella prima tabella sono elencati i saldi tra costi e ricavi nell’ultima sessione di trasferimenti mentre nella seconda la spesa relativa soltanto agli acqusiti.
*La tabella tiene in considerazione la differenza costi-ricavi.
*La tabella tiene in considerazione solamente gli investimenti per gli acquisti.
La Serie A italiana va in controtendenza rispetto al discorso fatto precedentemente e, complice il difficile ricambio generazionale che aspetta la Juventus dopo gli addii di Pirlo, Vidal e Tevez ed il relativo tempo di inserimento dei nuovi, propone un campionato – almeno in questo inizio – più competitivo ed aperto rispetto alle ultime stagioni. Le prime difficoltà dei campioni d’Italia infatti sono state sfruttate in parte dai vicecampioni della Roma (cui è andato anche il primo scontro diretto), dall’Inter e da altre squadre come ad esempio la Fiorentina prima nella classifica. Non deve dunque trarre in inganno il 127 alla voce milioni di Euro spesi della Juventus, comparato con il 91 del Milan, l’86 dell’Inter (che tra l’altro chiude la sessione con un saldo positivo) o il 43 della Roma (anch’essa in saldo positivo): la maggior parte di questi soldi sono destinati ad un progetto a lungo termine, che necessita del giusto grado di coesione ed intesa fra i nuovi giocatori. Ecco infatti che per la stagione in corso i 43 milioni spesi dalla Roma, investiti per coprire quelle lacune che la squadra di Garcia aveva palesato nelle scorse stagioni, risultano essere un investimento si minore ma a più breve termine rispetto a quelli dei concorrenti.
La situazione in Premier League è invece più articolata. Il campionato di per sé è più competitivo in virtù di un sistema per il quale la spartizione dell’enorme massa di diritti tv prevede un rapporto di 1:1.53 tra il club che ricava di più dai diritti tv e quello che ne ricava meno. In sostanza questo sistema avvantaggia molto le squadre cosiddette “piccole” che si trovano ad avere introiti importanti e molto spesso vicini ai 100 milioni di Euro. Questo è il principale motivo per cui il West Ham (10° nella classifica degli “spendaccioni” d’oltremanica) spende più della Roma: assolutamente non perché le società di Premier League amino la bancarotta, ma semplicemente perché hanno un’enorme quantità di denaro da investire e lo devono fare per mantenere la competitività della rosa in un campionato dove ad ogni giornata si scoprono nuove sorprese.
Un discorso diverso meritano quelle squadre che invece lottano per il vertice: anche se un Norwich o un Watford hanno la possibilità di vincere contro chiunque nella singola partita, ben più difficile diventa competere sulla distanza delle 38 giornate contro colossi del calibro di Manchester City o United, Chelsea, Liverpool e Arsenal. Citizens e red devils non hanno badato a spese e soprattutto la squadra dello sceicco Mansour si è rivelata essere la padrona assoluta del mercato: 203 milioni di Euro spesi per rafforzare la squadra in vista della nuova campagna Champions. Anche l’altra squadra di Manchester però non è rimasta a guardare, e complice il colpo last minute Martial, ha chiuso la campagna trasferimenti con una spesa di 139 milioni di Euro. L’Arsenal ha invece confermato la rosa dell’anno scorso, con il solo inserimento del portiere Cech (14 milioni) e una spesa relativa: vediamo se far crescere i tanti giovani aspettando la loro consacrazione darà ragione a Wenger. Il Chelsea invece ha si speso molto, 82 milioni, ma non ha centrato quegli obiettivi (Pogba e Stones) che Mourinho riteneva indispensabili: probabilmente i risultati negativi attuali sono frutto di congiunture, ma è innegabile che lo special one sta mordendo il freno per non aver potuto avere a sua disposizione la rosa desiderata.
In Liga il decennale dualismo Barcelona-Real Madrid è stato spezzato nel 2014 dall’Atletico e forse una breccia nel muro qui è stata aperta: la squadra del cholo Simeone ha mostrato che, nonostante l’inavvicinabilità dei fatturati (oltre 600 milioni di Euro contro i 200 del terzo contendente), anche a squadra “normali” è permesso vincere campionati. Infatti, come emerge dall’ultima sessione di calciomercato, una squadra come il Valencia (squadra cui proprietario è il magnate Peter Lim, che ha anche relazioni importanti con il re dei procuratori Jorge Mendes) è stata la regina degli acquisti con una spesa di 142 milioni di Euro, tallonata a breve distanza dall’Atletico Madrid che ne ha spesi 137 (di cui solamente però 31 di passivo perché sono stati in parte acquisti finanziati da cessioni). Solamente terzo il Real Madrid con 89 milioni di Euro, cui forse però manca il computo di De Gea, essendo l’affare sfumato nelle ultime ore del calciomercato. Staccato il Barcelona con solamente 51 milioni spesi (per la precisione in due sole operazioni: Arda Turan e Aleix Vidal), ma ricordiamo che i catalani hanno fino al 2016 il divieto di effettuare acquisti. Le altre società che hanno speso cifre significative sono state il Villareal (campagna però finanziata dalla cessione di Vietto), il Sevilla (che chiude con una differenza netta di +16) e la Real Sociedad. Staccatissime tutte le altre squadre con investimenti al di sotto dei 10 milioni di Euro.
Un campionato nel quale competono solamente due squadre per la vittoria e le altre devono gioco-forza stare a “guardare” poiché impotenti di fronte a questi giganti non ha molto senso a livello di spettacolo, ma così come in serie A forse le cose stanno realmente cambiando o forse cambieranno quando gli extraterrestri Messi e Ronaldo decideranno che è tempo di smettere… Una cosa è certa: Valencia e Atletico faranno di tutto per rendere la vita sempre più difficile alle due squadre più famose di Spagna.
Ligue 1 e Bundesliga
In Bundesliga il dominio del Bayern Monaco è stato pressoché incontrastato sia durante la gestione Heynckes sia poi con l’avvento di Guardiola. Dal 2012/2013, anno del famoso triplete, i bavaresi hanno inanellato prestazioni straordinarie in terra di Germania, annichilendo gli avversari e macinando record su record. Anche in questa sessione di calciomercato non hanno certo lesinato spese ed anzi hanno aperto ancora di più la forbice con la concorrenza: 86 i milioni spesi contro i 58 del Bayer Leverkusen, i 55 del Wolfsburg ed i 53 dello Schalke 04. Stranamente passivo invece il Borussia Dortmund che, in assenza degli importanti introiti garantiti dalla Champions League, si accontenta di una spesa attorno ai 20 milioni per non riscontrare problemi di bilancio. Discorso opposto invece per l’altro Borussia (inserito nel girone della Juventus) che si è attrezzato per la competizione europea con un deficit di 15 milioni (29 di acquisti – 14 di cessioni). Il dato che preme sottolineare è la potenza economica del Bayern Monaco che, forte di una struttura economica solidissima, anche in questa sessione di mercato è andato in passivo nel campo acquisti-cessioni per una cifra superiore ai 60 milioni, mentre le altre squadre hanno si speso poco meno dei campioni in carica, ma hanno chiuso il mercato con un surplus (3 milioni il Bayer, 40 il Wolfsburg e 17 lo Schalke). Cosa significa questo? Che eccezion fatta per le entrate derivanti da eccellenti cessioni (es. De Bruyne e Perisic per il Wolfsburg e Draxler per lo Schalke), la differenza con il club di Monaco sarebbe stata molto più ampia. Da aggiungere a tutto questo c’è anche il fatto che il Bayern Monaco acquista non solo all’estero, ma anche dalle dirette concorrenti: i casi di Lewandowski e Gotze, strappati alla contendente numero uno, il Borussia Dortmund, hanno acuito la differenza tra la prima della classe ed il resto del mondo.
L’ultimo campionato analizzato è stato quello francese. Probabilmente un vincitore qui c’è già (a meno che non succeda un’apocalisse…): il Paris Saint Germain. La squadra della capitale, dall’avvento della famiglia Al Thani, ha iniziato un’escalation di successi fondati sugli investimenti dei sovrani del Qatar. Sono arrivati campioni in serie ed ogni anno la squadra è stata continuamente rafforzata: in questa sessione hanno addirittura fatto la loro comparsa giocatori del calibro di Di Maria e Kurzawa (strappato ai rivali del Monaco). Il conto che il calciomercato ha presentato ai parigini è stato salato anche questa volta, ma la dirigenza è convinta che i 116 milioni di Euro investiti saranno propedeutici ad avvicinare l’obiettivo ultimo della Champions League. Forti di una proprietà solida, con ampio potere di spesa e capace di sostenere anche il rischio di questi investimenti, a Saint Germain continuano a macinare risultati, lasciando solo le briciole agli avversari. Non è un caso che, escluso il Monaco, le spese effettuate da tutti gli altri club del campionato valgono quanto quelle fatte dal Paris. In sostanza a Parigi hanno speso quanto tutte le altre 18 squadre che partecipano alla Ligue 1, senza contare che per gli stipendi pagati ai calciatori probabilmente potrà essere praticato lo stesso discorso. L’eccezione è costituita dal Monaco, che però, attenzione, non ha speso 80 milioni di Euro in deficit spending come ai tempi dei folli acquisti di Rybolovlev: quest’anno nel principato hanno prima pensato a incassare 160 milioni (Martial e Kondogbia i pezzi più pregiati) vendendo, poi hanno acquistato per 84, tenendo in casa un abbondante surplus di 75 milioni di Euro. Sarebbe stato lo stesso l’ammontare di spesa senza le cessioni? Crediamo proprio di no. E a questo punto dovrebbe essere ancora più chiara la separazione tra il PSG ed il resto di Francia.
E allora vale la pena allora giocare campionati dove la competizione è lasciata solamente di facciata e dove una squadra raccoglie tante ricchezze quanto le altre partecipanti al medesimo campionato nazionale?