Continuità di business nel lungo periodo e paracadute, sono questi i temi centrali del dibattito che si è aperto in Lega Calcio sulla riforma dei campionati. Ci torna la Gazzetta dello sport che analizza i retroscena politici della vicenda.
Il tema affrontato nel fine settimana dai presidenti ha avuto il potere di riscrivere le maggioranze, non più l’asse Galliani – Lotito – Preziosi – Pozzo con Juve e Roma all’opposizione ma da un lato le big Juve, Milan, Inter, Roma, Napoli, Lazio, Fiorentina, dall’altro Atalanta, Bologna, Carpi, Chievo, Empoli, Frosinone, Genoa, Palermo, Sampdoria, Sassuolo, Torino, Udinese, Verona.
Fa 7 a 13. Numeri sufficienti alle grandi per sbarrare la maggioranza, visto che il quorum per le delibere economiche è di 15 voti. Ecco perché le mediopiccole ammiccano a Napoli e Fiorentina, cioè quelle grandi che sono meno favorite dall’attuale peso dei risultati storici nella suddivisione della torta televisiva.
Tuttavia le parole di De Laurentiis sembrano aver fatto capire chiaramente da che parte sta il Napoli, senza equivoci e anzi: con ancora maggior convinzione perchè il presidente partenopeo parla di serie A a 16 squadre.
Chissà se rivedremo mai una Serie A a 18 squadre, di certo questo è un autunno caldo, per il calcio italiano e per la Lega in particolare. Perché il tema della riforma del campionato (anzi, dei campionati) s’intreccia inevitabilmente con quello della ripartizione dei proventi tv del nuovo triennio, in un’atmosfera non proprio quieta, tra beghe federali, inchieste dei pm e istruttoria dell’Antitrust. Ieri in via Rosellini è andata in scena la prima riunione della commissione sulla riforma: mancavano alcuni dirigenti “politici”, mancava soprattutto la lucidità per affrontare l’argomento.
I club non hanno le idee chiare sulle ricadute per tutto il sistema, tant’è che è stata accolta con favore la proposta del d.g. della Roma Baldissoni di aggiornarsi con le simulazioni alla mano. Molte società, comunque, sono terrorizzate dalla prospettiva che il massimo campionato perda due posti: sono quelle che temono ogni anno di retrocedere e che vedono la B come una iattura.
È anche per questo che, prima dell’appuntamento in Lega, le mediopiccole si sono incontrate in separata sede per studiare un’istanza comune. La loro preoccupazione maggiore è quella di avere una stabilità aziendale nel mediolungo periodo. Ecco perché ritengono cruciale l’adozione del modello inglese per il paracadute alle retrocesse: 34 anni e il doppio, se non il triplo rispetto all’attuale montepremi complessivo di 30 milioni. Spiega un dirigente: «A queste condizioni tutti i club a rischio vanno in extrabudget per la paura di retrocedere, con un paracadute maggiore si potrebbe ridurre la spinta inflattiva dei costi perché le società non vivrebbero più la retrocessione come il preludio al fallimento».
GEOMETRIE VARIABILI I soldi, si sa, sono al centro di tutto. E sono pure al centro delle alleanze in Lega. Partita dura, con un’arma per le big: più passa il tempo più c’è necessità di avere certezze sui proventi tv in modo da poter fatturare le quote successive a quella uguale per tutti (il 40% del totale), già incassata. Le piccole, notoriamente in crisi di liquidità, temono di essere prese per il collo.
[…] anche perché le “medio-piccole” ormai fanno fronte comune su qualsiasi scelta in Lega, anche sulle riforme dei campionati. L’assemblea di ieri si è concluso con un nulla di fatto, ci si aggiornerà la prossima […]