I rapporti tra Infront e MP Silva, al centro del caso sulla gestione dei diritti tv di serie A, in una ampia intervista odierna a La Repubblica in cui Riccardo Silva racconta il ruolo della sua azienda nella commercializzazione dei diritti all’estero.
L’idea che si sono fatti i pm è semplice: Infront tiene in vita le società di Serie A strapagando i contratti per i diritti commerciali “a minimo garantito”, oppure attraverso iniezioni di contanti veicolati dalla Svizzera. In cambio, i presidenti consegnano a Bogarelli la gestione della politica societaria.
In tutto questo, un ruolo chiave lo ricoprirebbe Riccardo Silva titolare dell’azienda che ha vinto l’asta diritti esteri. La accusano di aver comprato a prezzi da saldo i diritti per la Serie A. E di utilizzare gli ampi margini generati per consolidare il network Infront.
«Quello italiano è solo uno dei quasi 70 pacchetti di diritti che gestiamo. Abbiamo il Roland Garos, la F1, l’Nfl per l’Europa. L’asta per i diritti esteri della Serie A è una delle più trasparenti del mondo. C’è un bando pubblico, un notaio. La nostra offerta era la migliore. Il 30% in più del secondo. Io ci sono persino rimasto male.. E non c’è stato nessuno che si sia lamentato».
Quanto guadagnate vendendoli resta però un mistero… «Tutt’altro. La cifra esatta non la dico per questioni di concorrenza. Ma il margine è del 10-15%».
Alla Lega avete garantito 185 milioni l’anno. La Premier arriverà a incassarne 1,2 miliardi, la Liga attorno ai 600. Una bella differenza non le pare? «La Premier è il campionato più famoso al mondo. E specie nel Far East si riesce a vendere benissimo. Messi, Neymar, Suarez, Ronaldo e il Clasico molto attraenti. La Serie A “tira” meno. Ma vale di più della Bundesliga e della Ligue 1».
Lei è socio di Bogarelli? «Non lo siamo, ma nel caso non sarebbe reato».
No, ma sarebbe inopportuno che un’azienda partecipasse a un’asta gestita come advisor da un socio. «Le regalo uno scoop: Infront è socia al 50 per cento con Img, una società che partecipava all’asta di una terza azienda, la Igbf».
Sarebbe stupito se scoprisse che fra i soldi che Bogarelli ha fatto rientrare in Italia con la voluntary disclosure ce ne fossero molti provenienti da lei? «Se io compro un chilo di salame e poi il salumiere con quei soldi si compra la droga, mica sono un narcotrafficante. Io ho rapporti economici con Infront. E fatturo tutto. Poi se quelli con i miei soldi fanno altro…».
…tipo salvare il Genoa… «Non sapevo neanche fosse proibita una cosa del genere… Comunque non ne sapevo nulla».
Dalle intercettazioni non sembrerebbe… quando le dicono che Preziosi per ringraziarla le vuole cedere il 3% della sua azienda, non sembra stupito. «Quando uno ti offre un affare, mica gli puoi dire che è uno scemo. E alla fine non ho preso alcuna quota. Al Genoa ho solo pagato in anticipo le fatture dei diritti tv. Lo faccio per tante squadre anche in Premier League».
Ma scusi, lei al Genoa dà 15 milioni per i diritti esteri? «No meno, meno». La procura dice che lei ha dato 15 milioni a Preziosi. «Noi abbiamo avuto solo rapporti economici regolari con tutti e tutto fatturato».
Un’entità che incombe misteriosa su questa storia è una società che si chiama Domino. «È una delle centinaia di aziende con cui molti anni fa abbiamo avuto normali rapporti commerciali». C’è dentro Bogarelli? «Non parlo degli altri».
Che ruolo ha Domino? «Le faccio un esempio: se la tv ucraina mi dice: “Paga questa fattura su questa azienda con sede a Cipro”, io verifico che tutto sia regolare e procedo. Se poi la tv ucraina da Cipro porta i soldi in Svizzera non è problema mio».
Chi controlla Mp & Silva? «L’80% è in mano a me e ad Andrea Raddrizzani, il controllo l’ho in portafoglio io. Raddrizzani però ha deciso di tentare l’avventura della televisione e ha messo in vendita la sua quota. Ci sono molti fondi interessati. Noi fatturiamo 750 milioni e la società vale ben oltre un miliardo».
Come sarà il futuro del settore? «In futuro cercheranno di entrare anche i colossi hi-tech come Google, Facebook & C. Qualcuno sta provando a lanciare la Netflix dello sport».
E lei? «Io voglio fare la American Champions League, un torneo a 64 squadre tra i grandi club del nord e del sud del continente. Pensi al fascino di una finale New York-Flamengo o Los Angeles-Boca Juniors. Ho già l’accordo con i 5 maggiori team sudamericani. Sarebbe un business da 400 milioni l’anno e potrebbe partire nel 2018 se troviamo le ultime intese e lo spazio per il calendario».