Partite di calcio in chiaro. Il futuro della televisione sarà in chiaro. La pay tv non scomparirà, ma rallenterà con il free to air che si allargherà. Una tendenza che a livello internazionale è in atto da tempo e adesso prende piede in Italia. A dirlo questa mattina in una ampia analisi del mercato nazionale è Multimedia di Affari e Finanza.
L’occasione è ghiotta per l’arrivo a fine mese sul numero 27 del telecomando di Paramount Channel, un canale gratuito del colosso americano Viacom dove saranno trasmessi film e serie televisive. Nelle scorse settimane Sky ha rilevato proprio da Viacom il canale numero 8, dove c’era Mtv, per trasformarlo in una rete generalista, mentre Discovery ha comprato il numero 9 trasformando in “neogeneralista” Deejay Tv. Insomma a muoversi sono proprio i grandi editori della tv a pagamento.
Il cambio di strategia, probabilmente è stato dettato anche dall’andamento degli abbonamenti, che evidenzia come il mercato in Italia sia ormai maturo. Basta vedere come sta andando negli ultimi anni Sky.
«Più che uno spostamento verso il chiaro, si tratta di un allargamento dell’offerta per coprire fasce di pubblico diverse», osserva Francesco Siliato, docente di Sociologia delle comunicazioni al Politecnico di Milano e partner dello Studio Frasi, che aggiunge: «Per la pay tv, aggredita da offerte on demand come Netflix, ampliare il mercato vuole dire difendersi. E il pubblico generalista ha capito da tempo che l’offerta televisiva si è ormai estesa a 20/30 canali».
Non a caso la pay tv fatica a far crescere la sua base abbonati. Colpa della crisi economica ma anche dello sviluppo del digitale terrestre che ha ricevuto quantità di spettro multiple rispetto a quelle degli altri Paesi europei e a prezzi molto bassi. Anche per questo Sky ha avviato da qualche anno un percorso di cambiamento che ha portato ad affiancare al modello di tv satellitare a pagamento, nuovi modi per crescere nel mercato televisivo.
Insomma la miglior difesa è l’attacco con l’obiettivo di contrastare il dominio delle generaliste: senza dimenticare che i canali in chiaro possono servire come finestre per la televisione a pagamento.
In questo senso la strategia di Discovery è evidente: dopo il debutto nel 1997 con un’offerta in esclusiva su Tele+, nel 2010 il gruppo ha iniziato a investire sul free to air, prima con Real Time – ottavo canale nazionale per share – poi con Dmax (uno dei più seguiti tra il pubblico maschile). I risultati sono evidenti: i 14 canali garantiscono uno share medio del 6,4% facendo di Discovery il terzo editore italiano.
Sulla stessa lunghezza d’onda si muove Viacom che ha scelto di presidiare anche l’ambito in chiaro con l’obiettivo di costruire un portafoglio di prodotti ampio e diversificato per soddisfare i bisogni degli spettatori che non si riconoscono nell’offerta attuale. Si punta quindi sulla tv in chiaro nella speranza di recuperare reddittività che a livello di pay tv in Italia è tra le peggiori in Europa.
Colpa anche della concorrenza a suon di sconti e offerte promozionali – in particolare tra Sky e Mediaset – che taglia i margini di guadagno senza far aumentare gli abbonati. La scelta di andare in chiaro convince gli addetti ai lavori e d’altra parte le rilevazioni dello studio Frasi sul consumo televisivo degli abbonati Sky e Mediaset mostrano come le serie tv e gli eventi più importanti siano seguiti free to air anche dal pubblico delle tv a pagamento.
«Il paradigma è cambiato: i grandi eventi sono le serie che da un lato garantiscono la fedeltà dell’abbonato, dall’altro fanno tendenza. Lo sport serve sempre, ma in aggiunta», dice Siliato. «In termini di ritorno per un editore hanno più valore cinque buone serie che l’intera Olimpiade».
C’è poi un’altra questione: per passare dalla tv in chiaro alla pay servono importanti – e costose – offerte di prime visioni con il rischio di drenare risorse senza garantire ritorni immediati, mentre il passaggio inverso è più facile perché gli asset di pregio già esistono. La difficoltà è piuttosto quella di calibrare l’offerta a pagamento con quella in chiaro.
«Di certo non porteremo in free i capisaldi della pay», dicono a Sky. «I nostri abbonati continueranno ad avere i contenuti di pregio molto prima, in alta definizione e senza interruzioni». Sui canali del digitale terrestre arriveranno contenuti pensati per garantire la crescita del fatturato pubblicitario, senza dimenticare che una finestra in chiaro permette di gestire più facilmente quei diritti sportivi che richiedono una esposizione anche fuori dalla Pay, come nel caso della MotoGp o delle Olimpiadi. L’obiettivo di fondo è aumentare la raccolta pubblicitaria sommando a quella profilata – che fa concorrenza al web – delle tv quella pagamento, quella delle reti in chiaro. Chiudendo all’angolo tutti quanti non riescano a stare al passo.