Vincent Bolloré sta diventando l’uomo più potente d’Italia. Finanziere e industriale bretone, 65 anni il primo aprile, a capo di un gruppo famigliare che spazia dall’energia all’agroalimentare, ai trasporti e alla logistica, quartier generale a Parigi, ha cominciato la sua avventura italiana nel 2001 quando ha ereditato da Lazard un piccolo pacchetto di azioni Mediobanca.
Da allora ha visto la propria partecipazione nella principale banca d’affari italiana crescere fino all’attuale 8% ricoprendo un ruolo di primo piano in molte delle vicende più importanti della finanza italiana degli ultimi 15 anni.
Principale azionista con il 15,6% del colosso francese dei media Vivendi, Bolloré sta assumendo un ruolo sempre più centrale nel riassetto in corso nel settore dei media e delle telecomunicazioni in Italia.
Vivendi è entrata nel libro soci di Telecom Italia nell’estate del 2014 con un colpo da maestro: i francesi vendettero l’operatore telefonico brasiliano Gvt agli spagnoli di Telefonica per 7,6 miliardi ricevendo come parte del prezzo un pacchetto dell’8% di azioni della società telefonica italiana. La partecipazione è poi stata rimpolpata con acquisti sul mercato fino ad arrivare all’attuale 24,9%.
Telecom al bivio tra Orange un futuro stand alone
L’ex monopolista dei telefoni francesi, tuttora controllato dallo Stato, sta concludendo l’acquisizione di Bouygues Telecom e poi vorrebbe fare un ulteriore passo inglobando anche Telecom Italia. Ma per realizzare questo sogno Stéphane Richard, ad di Orange (così si chiama adesso France Telecom), deve convincere Bolloré a conferire il suo pacchetto di azioni Telecom. In cambio Vivendi riceverebbe azioni del nuovo gruppo e probabilmente ne diventerebbe il primo socio con una quota tra il 10 e il 15%.
In alternativa Bollorè può mantenere Telecom indipendente dai grandi gruppi telefonici europei cercando di costruire intorno a essa un conglomerato di società fornitrici di contenuti da veicolare attraverso la rete a banda larga. Sembra invece irrealistico un accordo tra Bolloré e l’altro francese potenziale azionista di Telecom, Xavier Niel, che vorrebbe far diventare la società italiana polo aggregante di medie aziende europee.
La partita con Metroweb e il ruolo della Cdp
Bolloré ha assicurato a Matteo Renzi di spingere sugli investimenti nella rete a banda larga e per far ciò è favorevole a un accordo tra Telecom e Metroweb, società controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. E’ invece difficile che il finanziere acconsenta a scorporare la rete di Telecom Italia aprendola anche agli altri operatori. Ma non si può escludere essendo il debito di Telecom ancora su livelli molto alti, oltre 27 miliardi di euro.
La convergenza con Mediaset in chiave anti-Sky
Da tempo si parla di una possibile alleanza tra Vivendi, Telecom e la Mediaset di Silvio Berlusconi. L’accordo è allo studio da mesi e — grazie ai buoni uffici del comune alleato Tarak Ben Ammar — potrebbe concretizzarsi in tempi stretti. I dettagli finanziari sono ancora da definire. L’obiettivo dell’ex-Cavaliere però è chiaro: mettere in sicurezza grazie a Vivendi i conti di Premium — provata dal salasso per strappare la Champions League a Sky — e agganciare Cologno a una realtà continentale con la massa critica necessaria per contrastare l’arrivo di Netflix e trattare al meglio i diritti di sport, serie tv e film.
Una sorta di operazione salva- Mediaset che — dicono le malelingue — sarebbe stata parte integrante del vecchio patto del Nazareno. Il bastone del comando di questo network europeo sarebbe in mano ai francesi con produzione di contenuti da veicolare attraverso Telecom Italia e Telefonica (azionista all’11% Premium e partecipata da Bolloré).
Il risiko delle torri
Un cambio al vertice di Telecom Italia in chiave filo-francese potrebbe dare una mano importante per sistemare un altro tassello del risiko di Arcore. Ei Towers, la società di torri tv e tlc del Biscione, è in corsa contro Cellnex e F2I per una quota vicina al 30% di Inwit, la scatola che controlla gli 11mila ripetitori di casa Telecom. La controllata di Mediaset ha assoluta necessità di trovare un partner per liberare strategie in un settore maturo come quello in cui opera. E le torri di Telecom rischiano di essere l’ultimo treno che passa in Italia in questo settore e per assicurarsi un rendimento stabile nel tempo che farebbe comodo alla famiglia Berlusconi.
L’influenza di Vincent Bolloré sulle Generali
Philippe Donnet è il manager francese, ex Axa, appena nominato group ceo di Generali al posto di Mario Greco. Donnet siede dal 2008 nel consiglio di sorveglianza di Vivendi ed è stato confermato in questa posizione da Bolloré nel 2013. Donnet giura di non essere uomo di Bolloré e sta riflettendo sulle sue dimissioni dal consiglio di Vivendi. Fatto sta che nel cda Generali siede anche un altro francese, Jean-René Fourtou, ex presidente di Vivendi e indicato per quel posto proprio da Bollorè quando nel 2013 prese in mano le redini del conglomerato francese.
Gli equilibri in Mediobanca
Dopo aver assistito alla cacciata di Maranghi e all’uscita di scena di Cesare Geronzi, e all’estromissione di Alessandro Profumo da Unicredit, Bolloré nel 2011 ha cercato di accrescere il proprio peso in piazzetta Cuccia attraverso la scalata alla Premafin di Salvatore Ligresti. Ma ha fallito mantenendo però la partecipazione all’8% alla pari con quella di Unicredit, con un ruolo di garante nel patto di sindacato che racchiude poco più del 30% del capitale.