Mondiale del Centenario 2030 – Per l’assegnazione dell’edizione 2030 dei Campionati del Mondo di calcio, quelli del centenario della competizione, potrebbe ripetersi il copione andato in scena negli anni 90 in occasione della scelta della città che nel 1996 avrebbe dovuto ospitare la XXVI Olimpiade, 100 anni dopo la prima edizione dei Giochi dell’era moderna, svoltasi ad Atene per volere del barone de Coubertin.
Se in quell’occasione Atlanta ebbe la meglio sulla capitale greca (che fu poi ricompensata con le Olimpiadi del 2000), grazie all’influenza sul Cio della Coca-Cola (la multinazionale, storico sponsor del Comitato olimpico internazionale, ha sede nella capitale della Georgia), la nuova Fifa guidata da Gianni Infantino potrebbe trovarsi in una situazione pressoché analoga.
Mondiale del Centenario 2030, le ambizioni di Uruguay e Argentina
Come evidenziato da Milano Finanza, in un articolo dedicato alla geopolitica del calcio, lo scorso 7 gennaio, il presidente dell’Uruguay Tabare Vazquez e quello dell’Argentina Mauricio Macri hanno annunciato ufficialmente l’intenzione dei due Paesi sudamericani di ospitare la Coppa del Mondo del centenario.
La prima edizione dei Mondiali di calcio, quella del 1930, si svolse proprio in Uruguay e vide la nazionale di casa laurearsi campione grazie alla vittoria in finale per 4-2 proprio contro l’Argentina. Ma questa non è l’unica ragione che Macri e Vazquez hanno portato a sostegno della candidatura congiunta. Argentina e Uruguay, oltre a essere dal punto di vista tecnico due potenze del calcio mondiale, figurano nell’albo d’oro della competizione con due titoli mondiali a testa.
Ma il blasone e la tradizione, come ha provato sulla sua pelle la Football Association inglese, poco contano di fronte alle logiche economiche e politiche. Se infatti gli inglesi (i maestri cui si deve l’invenzione del gioco del calcio) non sono riusciti a prevalere sulla Russia in occasione dell’assegnazione del Mondiale 2018, anche a causa della corruzione che serpeggiava ai vertici della Fifa sotto le gestione di Sepp Blatter, Argentina e Uruguay, pur nel contesto di rinnovamento portato avanti da Infantino, si troveranno a fare i conti con il peso economico e politico della Cina.
Mondiale del Centenario 2030, ombre cinesi sulla Fifa di Infantino
Se è vero che né il governo di Pechino né la Federcalcio cinese sono ancora usciti ufficialmente allo scoperto, a candidare la superpotenza asiatica (che è la seconda economia mondiale) per l’organizzazione dei Mondiali del centenario ci ha pensato il patron del Wanda Group, Wang Jianlin. Lunedì 21 marzo, parlando in conferenza stampa a Pechino, il tycoon cinese ha annunciato che il suo gruppo (cui fa capo anche il controllo di Infront), forte dell’accordo di sponsorizzazione della durata di 15 anni appena siglato con la Fifa, si spenderà per far ottenere alla Cina l’organizzazione dei Campionati del Mondo del 2030 (che arriverebbero così dopo le Olimpiadi del 2008 e i Giochi Invernali in programma per il 2022).

«Come partner della Fifa», ha affermato Wang Jianlin, «Wanda sarà nelle condizioni migliori per giocare un ruolo nel processo che porterà all’assegnazione dei maggiori eventi sportivi, come il Mondiale, colmando il divario con il calcio internazionale e consentendo così al movimento cinese di far sentire la sua voce». Il patron del gruppo Wanda, che, oltre ad aver investito circa 1 miliardo di euro per rilevare il controllo di Infront, ne ha messi altri 45 per rilevare il 20% dell’Atletico Madrid, ha poi fatto sapere che anche altre due grandi aziende cinesi sono in procinto di diventare partner della Fifa, facendo crescere ulteriormente il peso di Pechino sul calcio mondiale.

«Due o tre anni fa», ha sottolineato Wang Jianlin, «le imprese cinesi probabilmente non avrebbero avuto la possibilità di sponsorizzare la Fifa, anche se avessero voluto. Ma poiché alcune aziende occidentali hanno deciso di non rinnovare la sponsorizzazione, abbiamo avuto questa opportunità».
Il riferimento è alla britannica Bp (che era legata alla Fifa attraverso il brand Castrol), alla Johnson & Johnson e al gruppo degli pneumatici Continental, che nei mesi scorsi hanno deciso, al pari di Emirates e Sony, di non rinnovare il rapporto con la federazione calcistica internazionale alla luce dello scandalo che ha travolto l’ex presidente Blatter.

«Per quanto è a mia conoscenza», ha fatto sapere il patron di Wanda Group, «un’altra azienda cinese diventerà presto un top sponsor Fifa. E, se non ci saranno sorprese, la Fifa avrà tre sponsor di alto livello cinesi entro la fine dell’anno».
Se dunque l’indicazione di Wang Jianlin si rivelerà corretta, le tre aziende cinesi si affiancheranno agli altri 5 gruppi multinazionali nel novero degli 8 top partner della federazione presieduta da Infantino, ossia Adidas, CocaCola, Gazprom, Hyundai e Visa. Se così fosse, la Cina avrebbe tre top sponsor a fronte dei due con headquarter negli Stati Uniti e dell’unico sponsor vantato da Germania, Russia e Corea del Sud.
«E se più aziende cinesi diventeranno sponsor della Fifa come Wanda», ha fatto notare Wang Jinlin, «ci sarà da unire le forze per promuovere gli interessi della Cina nel calcio».
Mondiale del Centenario 2030, Wanda apripista per il governo di Pechino
Con le edizioni 2018 e 2022 dei Mondiali, assegnate rispettivamente alla Russia e al Qatar (altra potenza economica con interessi sempre più ramificati nel mondo del calcio internazionale), e con l’Inghilterra (patria della ricca Premier League) grande favorita per il 2022 (anche come ristoro per lo scippo subito dalla Russia, per cui la Fa ha fatto causa alla Fifa per 25 milioni di euro), la strada che porterà il Mondiale del centenario in Cina sembra essere in discesa.

Wanda, oltre a essere diventata top sponsor della Fifa, detiene attraverso Infront (nel frattempo integrata in Wanda Sports assieme a World Triathlon Corporation) anche i diritti per la produzione televisiva dei Mondiali di calcio, oltre ad aver ottenuto nel 2011 l’esclusiva per la vendita e distribuzione dei diritti tv degli eventi Fifa compresi tra il 2015 e il 2022 per il mercato asiatico (nel dettaglio, si tratta di 26 Paesi).
Insomma, è evidente che il denaro e l’influenza politica (i grandi gruppi cinesi, per quanto formalmente privati, sono comunque legati al governo di Pechino) stanno avendo la meglio sulla tradizione sportiva. Non che una volta non fosse così. Basti pensare che la prima edizione dei Mondiali di calcio si svolse in Uruguay anche perché il Paese sudamericano si offrì di pagare le spese (la crisi del ’29 era da poco scoppiata) alle nazionali che decisero di prendervi parte.