Sangue italiano, stile americano e soldi cinesi: è questo il profilo di Salvatore Galatioto, l’advisor che, secondo il Sole 24ore, sta guidandola trattativa per il passaggio di proprietà del Milan a una cordata asiatica pronta a cancellare Mr Bee. La notizia è stata ripresa oggi da diversi quotidiani italiani.
La società Milan e il consorzio cinese interessato al suo acquisto dovrebbero definire un accordo per giugno. Queste le indiscrezioni emerse oggi dal mondo finanziario. Secondo l’agenzia Bloomberg, che cita fonti vicine al consorzio, i cinesi puntano a trovare un accordo con Silvio Berlusconi per il mese di giugno.
Il consorzio, che è formato da una serie di investitori nel comparto dell’energia rinnovabile e dei media, sarebbe d’accordo sulla maggior parte dei punti chiave dell’accordo, ma sarebbe intenzionato a non far proseguire la trattative oltre giugno.
Il consorzio punta a una quota variabile da un 50% della società (obiettivo minimo) fino al 70%. Sempre secondo Bloomberg, sarebbe invece in stallo la trattativa tra il Milan e Bee Taechaubol, l’uomo d’affari indonesiano a capo della società finanziaria Thai Prime, che si occupa di private equity e vanta un patrimonio indicato in 1,2 miliardi di dollari. Forbes, a gennaio, aveva stimato in 775 milioni di dollari il valore del Milan.
Il quotidiano “Libero” identifica Galatioto come ex responsabile sportivo di Lehman Brothers. Dopo il crack della banca d’affari americana, Galatioto si è messo in proprio, forte dell’esperienza acquisita nella gestione di 70 passaggi di proprietà in tutti gli sport Usa, da Los Angeles a New York (dove ha sede la sua società): tra i più celebri, la vendita dei Chicago Cubs per 845 milioni; il passaggio dei Charlotte Bobcats a Michael Jordan per 275 milioni; l’operazione che ha portato Golden State Warriors in mano a Peter Guber (450milioni) diventando una potenza.
Resta l’incognita cifre. Si parla di 650-700 milioni per il club: molto meno del miliardo chiesto da Berlusconi, che soprattutto non ha mai pensato di cedere il controllo. Le ultime vicissitudini potrebbero fargli cambiare idea?
Anche secondo quanto riportato da Repubblica «La vendita del Milan non è mai stata così probabile». Entro la fine della prossima settimana Silvio Berlusconi deve decidere se rinunciare all’azienda cui si sente più legato, se diventare via via presidente onorario e poi semplice tifoso numero uno della squadra di calcio che ha portato sul tetto del mondo. Nel caso dica sì, già a luglio ci sarebbe un nuovo proprietario.
L’offerta: una decina di imprenditori, disposti a versare 300 milioni per una percentuale tra il 60 e il 70% e una valorizzazione di circa 500 milioni, più i debiti, farà scattare il diritto di esclusiva: gli acquirenti saranno gli unici a potere guardare i conti fino ai primi di giugno, quando si potrà chiudere l’affare. Tecnicamente, una volta messa la firma sulla vendita con opzione, non potrà tornare indietro: ceduta la maggioranza ai cinesi, l’uscita di scena totale avverrebbe entro un anno.
La figura chiave sarà un nuovo amministratore delegato, nominato dai padroni cinesi, al posto della diarchia Galliani-Barbara Berlusconi, anche se non è da escludere l’iniziale traghettamento: l’identikit porta a un dirigente straniero, non anglosassone, già attivo nel calcio italiano.
Stadio. Il suo primo passo annunciato, secondo i programmi, sarà il progetto di uno stadio di proprietà (costo minimo 300 milioni), giudicato imprescindibile per consolidare i ricavi.
Bilancio. L’assemblea degli azionisti, il 28 aprile, ratificherà perdite per oltre 89 milioni e un’altra stagione senza Champions. L’allarme rosso di Fininvest è costante da tempo e Berlusconi le ha provate tutte: dall’idea dell’azionariato popolare, che la legge italiana lega alla quotazione in borsa, alla temeraria trattativa col broker thailandese Bee Taechaubol, disposto a raccogliere 480 milioni di euro ipotetici per restare in minoranza e soprattutto a valutare il club un miliardo, cifra fuori mercato.