Modello calcio olandese settore giovanile. Spesso nel comune dibattito calcistico si sente evocare l’Olanda come modello virtuoso di creazione di talenti a cui anche l’Italia dovrebbe guardare per la crescita complessiva.

Nessuno pare avere dubbi sulla bontà della didattica olandese, anche se i risultati degli ultimi anni sembrano dire il contrario.

Recentemente la nazionale olandese non si è qualificata per gli Europei 2016 in Francia uscendo malamente in un girone dominato piuttosto da Islanda e Repubblica Ceka in cui l’Olanda non è riuscita neppure a qualificarsi per i play off lasciando il posto alla Turchia (poi ammessa come migliore terza dei gironi).

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In Europa non sembra andare meglio, e l’Eredivisie nella prossima stagione verrà ulteriormente degradata passando dal decimo al quattordicesimo posto del ranking europeo e venendo sopravanzata proprio da Turchia e Repubblica Ceka oltre che dalla Svizzera. Meglio degli olandesi perfino la Grecia, il cui calcio (e la cui economia) non vive certo un momento di splendore.

Anche se nel 1986 l’Olanda era 19esima si può dire che è questo il punto più basso del calcio olandese, visto che negli anni ’80 era facile passare da un anno all’altro dal terzo al decimo posto come accadde proprio agli olandesi tra l’82 e l’83.

Nel 2010 quando la nazionale arrivò in finale al Mondiale il calcio olandese era decimo nel ranking europeo. Nel 2006 era settimo, nel 2000 quando li battemmo in semifinale agli europei erano sesti. Durante Francia 1998 erano quinti.

Dal 1996, quando l’Ajax conquistò (e perse contro la Juventus) la sua ultima finale di Champions League, sono passati 20 anni.

Negli ultimi 10 anni il miglior risultato è stato il quarto di finale (perso contro il Liverpool) del PSV nel 2006-2007. Due anni prima era arrivata l’ultima semifinale: sempre PSV, battuto dal Milan.

Per avere una squadra olandese nuovamente nei playoff di Champions League si è dovuto attendere quest’anno con il PSV vicinissimo alla qualificazione ai quarti contro l’Atletico Madrid.

Al contempo non si può dire che il calcio olandese sia economicamente arretrato o estraneo ai grandi temi calciofinanziari d’attualità. La lente del FFP ha indagato più volte i club e ad esempio il Twente (guardacaso uno dei club abilitati a utilizzare le seconde squadre) è finito nel mirino pure per l’utilizzo improprio delle TPO.

Il dubbio è evidente: se il calcio olandese fosse un calcio capace di valorizzare i prodotti locali per poi rivenderli la nazionale avrebbe un presente ben più roseo.

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Nel frattempo, tuttavia, gli olandesi (intesi come tifosi) sembrano non curarsene: nel 1996 la massima serie contava una media di 10.290 persone a partita allo stadio. Oggi siamo quasi al doppio: 19.405!

Alla base vi è certamente una diversa cultura sportiva. Nei paesi nordici il calcio è vissuto molto come fenomeno nazionale e di aggregazione, la subalternità europea è accettata, così come è accettato che ci siano club egemoni (Ajax e Psv) che negli ultimi 20 anni hanno vinto 17 titoli (9-8 per il PSV) cedendo briciole a Feyenoord (1999), Az (2009) e Twente (2010).

L’approccio spesso è proprio culturale: nei paesi del centro nord Europa si vive molto di più il singolo evento sportivo (la partita) anzichè la grande corsa stagionale all’obiettivo. I dati di affluenza e riempimento stadi dimostrano questo un po’ ovunque, non solo in Olanda ma anche in Scandinavia e Polonia per non dire di Germania e Inghilterra.

Detto questo, tuttavia, l’interrogativo rimane. E’ l’Olanda il modello a cui ispirarsi nella creazione di talento e nella sua valorizzazione per il rilancio del calcio italiano? I risultati dicono, decisamente, di no.

 

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Un bresciano a Manchester. Tra giornalismo economico e football scouting