Nuova legge diritti tv calcio Serie A. Le indiscrezioni dei giorni scorsi hanno accelerato i tempi. La Legge Melandri è prossima ad una profonda riforma. Nei mesi scorsi CF – calcioefinanza.it provò ad immaginare cosa sarebbe successo in Serie A se la distribuzione dei diritti tv si fosse fatta con le regole della Premier League.
Il risultato è un modello più equo, ma al contempo è giusto sottolineare i rischi di un ulteriore depauperamento della competitività a livello nazionale, perchè se i grandi club prendono meno la loro competitività (già non altissima) viene meno.
Riproponiamo qui la simulazione che CF – calcioefinanza.it ha fatto lo scorso anno provando a effettuare un parallelo, per quanto possibile tra Serie A e Premier League.
Oggi sul tema ritorna la Gazzetta dello sport con un pezzo che fa il punto della situazione, e che avanza due ulteriori scenari.
Il primo è quello di un ridimensionamento di Infront.
Per quanto riguarda l’advisor, nell’ottica di restituire autonomia alla Lega e al netto di un cambio al vertice del management (Bogarelli destinato ad altri incarichi, probabile sostituto l’ormai ex Rai Luigi De Siervo), verranno imposti dei paletti ad Infront, uno su tutti: scegliere se essere l’advisor della Lega o se lavorare per i singoli club. Questa sì sarebbe una svolta.
Il secondo riguarda la quota della mutualità: il presidente della Figc Carlo Tavecchio, da giorni in contatto con chi sta riscrivendo la Melandri. «Vogliamo che i soldi della mutualità (il 10% della torta, quest’anno circa 110 milioni, ndr) siano gestiti direttamente dalla federazione, e non da una fondazione in cui la maggioranza è della Lega di A».
Il restyling della legge Melandri (obsoleta anche per l’Agcom) – come sottolinea il giornale rosa – è questione scottante che la recente stangata dell’Antitrust per l’accordo illecito del 2014 (multe di 51 milioni a Mediaset, 4 a Sky, quasi 2 alla Lega di A e 9 a Infront) ha reso ancor più delicata e urgente. La prossima asta non è poi così lontana.
Da qui, l’accelerazione su entrambi i binari: quello governativo, supervisionato dal sottosegretario Luca Lotti; quello parlamentare, affidato alle deputate Lorenza Bonaccorsi e Daniela Sbrollini, che nei prossimi giorni ufficializzeranno una proposta di legge che dovrebbe intervenire sui primi venti articoli della Melandri, (titolarità e commercializzazione dei diritti tv).
Le linee guida sono quelle di tre mesi fa: la distribuzione deve essere più equa e vanno ridefiniti i ruoli degli attori in campo. Il modello è la Premier, dove la metà della torta viene distribuita in parti uguali.
Alzare la quota al 50% in Italia, oggi significherebbe «premiare» un club mediopiccolo con 7 milioni in più all’anno. Soldi con cui si può far quadrare i conti di un’intera stagione.
Sarà più complicato far digerire ai grandi club il criterio con cui si stabilisce il bacino d’utenza: oggi è il numero dei tifosi, domani dovrebbe diventare il numero di abitanti.
Quale sarebbe lo scenario se i diritti fossero ripartiti in maniera completamente uguale tra tutte le squadre? Perché non è possibile un modello simile?
Non si tratta di 10% in più o in meno, ma di chiarezza e trasparenza, è questo che gli investitori cercano. I criteri adottati attualmente sono aldilà delle percentuali, fumosi e incomprensibili. Inutile ricapitolarli perchè sarebbe avvilente, ma di sicuro non incoraggia investimenti esteri. Infatti in Premier League dove i criteri sono al contrario semplici e comprensibili sono arrivati ingenti capitali dall’estero. Tutto ciò ha migliorato la competitività media del campionato e creato sviluppo e occupazione per il Paese.
Scusi come fa a sostenere che il numero di abitanti in sostituzione del numero dei tifosi sia un criterio trasparente ? E’ chiaro che il numero di tifosi premia, giustamente, la squadra che porta più soldi al sistema (si chiama meritocrazia). Premiare una squadra in base al numero dei tifosi è un criterio non meritocratico, non esiste negli altri campionati e serve solo a premiare le squadre della capitale.
il problema è che attualmente il calcolo del bacino di utenza è affidato a tre società di sondaggi e i criteri con cui vengono fatti questi sondaggi non è dato a sapersi in quanto la lega non lo ha mai comunicato. se intervistano mia madre che non guarda una partita da 30 anni lei dirà che è juventina e quindi il suo voto va a incidere sul bacino d’utenza senza essere di fatto una consumatrice calcistica.
gentile Francesco, con il dovuto rispetto mi sembra che si nasconda dietro a un dito. Se il criterio per calcolare il numero dei tifosi non è trasparente lo si può sempre migliorare, ad esempio intervistando gli abbonati alle pay TV (cosa che eviterebbe di coinvolgere sua madre). Ma la cosa assurda è scegliere un criterio che non c’entra nulla con il numero dei tifosi, come il numero degli abitanti. Questa è antimeritocrazia, ma le sembra normale che la Roma con un decimo dei tifosi possa prendere il triplo dei soldi della Juve ?