Allarme bomba Old Trafford – Una finta bomba, usata per un addestramento di cani che fiutano esplosivo, dimenticata per errore in una toilette dell’Old Trafford, ha fatto tornare la paura del terrorismo: provocando l’evacuazione dello stadio pochi minuti prima del fischio d’inizio di Manchester United-Bournemouth, nell’ultima giornata di campionato.
Il pacco sospetto conteneva un telefonino attaccato a un tubo del gas con cavi elettrici: l’apparenza di un ordigno “estremamente realistico”, come lo ha descritto più tardi un comunicato del club. Un ordigno non funzionante, fasullo, utilizzato per un training anti-terrorismo proprio all’interno dello stesso stadio pochi giorni prima e lasciato per errore al gabinetto, si è scoperto poi.
Eppure è bastato a riaccendere la psicosi dell’attacco terroristico. Sono dovuti intervenire gli artificieri dell’esercito e cani anti-bomba.
I 75 mila tifosi presenti all’Old Trafford hanno sgomberato ordinatamente gli spalti. Qualcuno ha scandito un coro contro il boia britannico dell’Is, in seguito eliminato da un drone: “Jihadi John, we don’t give a fuck, we’re going to win the FA Cup” (Jihadhi John, non ce ne frega niente, vinceremo la Coppa d’Inghilterra, che i Red Devils disputeranno in finale).
Poi il pacco è stato fatto brillare con un’esplosione controllata. Solo a tarda sera si scopre che era innocuo: un finto ordigno. Ma dopo l’attentato allo Stade de France di Parigi nel novembre scorso, l’annullamento di Germania-Olanda ad Hannover qualche giorno dopo, il monito lanciato domenica da Rob Wainwright, capo di Europol, secondo cui gli Europei di questa estate in Francia sono “un obiettivo attraente” per i fanatici dello Stato Islamico, è stato sufficiente a trasformare un pomeriggio di football in una giornata di panico.
Da quarantacinque giorni, come ha sottolineato Carlo Bonini su Repubblica, le informative delle Intelligence britannica, statunitense e francese concordano sul «rischio concreto» di «un attacco imminente» dell’Is nel Regno Unito. Uno “streaming informativo” che si è andato gonfiando nel corso delle settimane, alimentato da fonti “humint” e “sigint”, da notizie confidenziali e attività di intercettazione. E in qualche modo irrobustito nella sua credibilità dai rovesci militari che Islamic State sta subendo all’interno dei suoi confini e dall’imminente chiusura dell’assedio a Raqqa.
Premesse “naturali” per una risposta “asimmetrica” del Terrore, dunque di un colpo di coda nel cuore dell’Europa. Per questo motivo, quella pipe bomb posticcia è diventata per ore la profezia che si auto avvera.
Non più tardi di sabato scorso, in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt, il capo di Europol, l’inglese Robin Wainwright, ex Mi5 (l’intelligence domestica britannica), è tornato a suonare la sirena di allarme sugli Europei di Francia. «Sono estremamente preoccupato – ha detto – perché il torneo è un attraente obiettivo per i terroristi».
Cinquantuno partite in un mese (a cominciare dal 10 giugno) in 10 stadi per una partecipazione di spettatori stimata in due milioni e mezzo di tifosi sono – nell’unanime parere di ogni analista – il peggiore degli eventi con cui misurarsi in questo passaggio della guerra all’Is. A maggior ragione considerando l’ossessione truculenta nei confronti del calcio.
È un fatto che il Governo francese abbia esteso fino alla fine del Campionato lo stato di emergenza proclamato dopo le stragi del 13 novembre. Ed è un fatto che, ieri pomeriggio, una qualificata fonte della nostra Intelligence interna si abbandonasse a una riflessione sull’oggettiva fragilità di un appuntamento come Euro 2016. «Per seminare terrore in uno stadio, può essere sufficiente anche una semplice sequenza di falsi allarmi. Dobbiamo attrezzarci».
Il pomeriggio all’Old Trafford ce lo ha ricordato. Per ben due volte. Nelle ore in cui quella bomba è sembrata troppo vera per essere liquidata come una cruenta burla. E intorno alla mezzanotte, quando la polizia inglese ha scoperto che artefice di un pomeriggio di terrore è stato chi si esercita per prevenirlo.