La UEFA ha la possibilità di aumentare del 40% la cifra incassata per la cessione dei diritti televisivi della Champions League nel giro di sei anni se solo decidesse di mettere mano ai regolamenti e correggere alcune sbavature nell’organizzazione del torneo. Uno dei correttivi è piuttosto radicale: abbassare il numero delle squadre partecipanti da 32 a 24, con 20 posti concessi a Premier League, Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue 1. Non è una provocazione, ma uno studio di Oliver & Ohlbaum. Numeri alla mano, la società di consulenza dimostra che se davvero si volesse capitalizzare al massimo le revenue da UCL bisognerebbe chiudere le porte del torneo ai piccoli campionati.
Lo studio di O&O si basa su un sondaggio condotto nei principali paesi UE – sei nazioni – e overseas, dove arriva l’eco del calcio europeo – in USA e Singapore. Secondo quanto affermato dagli intervistati, spesso in Champions League ci sono club che non suscitano alcuna emozione e questo limiterebbe l’appeal televisivo dell’intero torneo. Se la partecipazione fosse sostanzialmente riservata ai club dei cinque campionati maggiori ecco che l’attrattività televisiva della UCL schizzerebbe: 500-600 milioni in più di diritti televisivi nel prossimo triennio e altri 600-700 in quello successivo. Per i club partecipanti, che diventerebbero 24, significherebbe incassare 20-25 milioni di euro in più rispetto a oggi, a partire dalla stagione 2018-2019.
Secondo quanto emerge dall’analisi di O&O, del resto, la UEFA ha bisogno di una sterzata: dal 2000 al 2015 la valorizzazione dei diritti televisivi è cresciuta del 5% all’anno; contro la Premier League – il campionato al top nel mondo – che ha una crescita pari al 16% per lo stesso periodo di riferimento. Il declino dell’organizzazione emerge anche dai bilanci dei singoli club per i quali l’incidenza dei premi-UEFA sui conti è scesa fino al 4% per le società della Premier.
Se c’è un potenziale inespresso per la Champions, c’è anche per l’Europa League. Insieme, stima O&O, i due tornei potrebbero toccare quota 3,2 miliardi di ricavi da diritti tv e tutte le squadre non ammesse alla UCL (solo perché iscritte a campionati minori) potrebbero dedicarsi alla EL che diventerebbe il torneo riservato ai piccoli del Vecchio Continente. Secondo gli analisti, però, a beneficiare delle nuove regole – e dei nuovi incassi – sarebbero anche loro: maggiori ricavi per la UEFA coincidono con un maggior numero di risorse da dividere tra le società.

Per cambiare il momento giusto è adesso. Nel giro di sei mesi si entrerà nel vivo della trattativa per la cessione dei diritti televisivi del prossimo triennio calcistico (18-21) e a settembre è in agenda l’elezione del nuovo presidente della UEFA che potrà essere scelto proprio in base ai progetti di rilancio dei tornei internazionali. È per queste ragioni che negli ultimi giorni si è ripreso a parlare di nuova Champions, in maniera leggermente meno rivoluzionaria rispetto a come la vorrebbe O&O: 4 squadre sicure per le 4 top-leghe europee. Se si perde questo treno si potrà ripensare ai regolamenti dopo il 2020.
Il punto è molto semplice: la Champions League è l’espressione di uno sport: il calcio o che cosa?
Se si mettesse in atto la rivoluzione (dal mio punto di vista l’involuzione) che ne sarebbe dell’aspetto sportivo?
Tu forse sei troppo giovane per ricordarti la formula della vecchia Coppa dei Campioni in cui si partecipavano i detentori di ciascun campionato nazionale europeo: dal punto di vista sportivo non c’era nulla da eccepire.
Ridurre a solo 5 nazioni il bacino da cui scegliere le squadre mi sa tanto di Super League e comunque se è pur vero che il livello aumenterebbe è altrettanto vero che si chiuderebbero in faccia le porte agli outsiders, alle sorprese ed anche perchè no alle novità: un Porto in finale non lo vedremmo più ad esempio.
Non si può prevedere nè restringere sempre tutto a meri calcoli matematici o di convenienza economica.
Ti faccio un esempio: nel 1967 il Celtic sconfisse l’Inter in finale diventando la prima squadra britannica e non latina ad aggiudicarsi la Coppa Campioni: ebbene quella squadra che passò alla storia come The Lisbon Lions evinse tutte e 4 le competizioni alle quali partecipò in quella stagione era costituita TUTTA da calciatori nati entro 50 km da Glasgow.
Il calcio totale olandese non avrebbe avuto alcun palcoscenico continentale nè opportunità di vittoria con la logica proposta da questo studio.
Insomma non è possibile prevedere se in un determinato e remoto paese europeo nasca una generazione di fenomeni tutti nello stesso periodo come a Glasgow o se una nuova tattica calcistica riesca a sovvertire qualsiasi altra come avvenne nell’Olanda dei primi anni ’70 col calcio totale.
Non so se alla lunga i tifosi potrebbero accettare una cosa del genere. In Inghilterra tifosi stufi del calcio iper-finanziario stanno già mettendo in atto l’azionariato popolare e fondano e gestiscono nuovi club… di questo passo questo trend si spanderà in tutta Europa.