Il sistema-calcio italiano studia un’autoriforma per rendere sempre più solida la governance finanziaria dei club: per accedere al campionato di Serie A si punta a creare un sistema basato su licenze nazionali pluriennali, con una sorta di rating per ogni club professionistico. A contribuire alla stesura di questa classifica saranno criteri di solidità finanziaria, infrastrutture adeguate e un settore giovanile efficiente. Ne hanno parlato ieri, durante il Forum Business Sport del Sole 24 Ore Carlo Tavecchio, presidente FIGC, e Andrea Abodi, numero uno dei club di B. Se la riforma delle licenze nazionali dovesse entrare in vigore così come è studiata, questa “non permetterebbe a squadre come il Crotone di giocare campionati di Serie A”, ha sottolineato Abodi.
Nel dettaglio, spiega il numero uno della B, “il nuovo sistema sarà su base pluriennale e si potranno iscrivere ai campionati club che hanno raggiunto il diritto sportivo, ma rispondono anche a criteri finanziari, organizzativi e infrastrutturali ben precisi”. Il club calabrese che ha giocato le prime partite in A a Pescara perché lo Scida – appena diventato campo ufficiale – non era considerato adeguato al massimo campionato italiano: nel nuovo sistema il club dovrebbe rinunciare alla promozione. “Noi – ha spiegato Abodi – vogliamo regalare alla A tre squadre che abbiano caratteristiche giuste e non rischiare di creare danno allo spettacolo. Servono stadi perfetti: basta con regole legate a quantità di posti, si punti invece sulla qualità dei servizi e l’accoglienza”.
Del resto, quello di riformare il sistema è uno degli obiettivi della FIGC a guida Tavecchio che già da diversi anni dice di voler riscrivere la struttura dei campionati e punta a diminuire il numero delle squadre professionistiche in Italia. Solo ieri il numero uno del calcio italiano ha spiegato come il Paese non possa permettersi “102 squadre professionistiche, quando in Germania ne hanno 60 e in Spagna 40″ e ha invitato ad attuare regole che in grado di far arrivare a giocare in A “solo chi ha certe caratteristiche”.
Tavecchio la vede proprio come Abodi: “L’asset stadio è determinante per la crescita del movimento. Oggi in Italia abbiamo solo tre stadi a 4 stelle, la Germania ne ha 21, l’Inghilterra 15, la Fancia 12. Questo è un gap grandissimo da recuperare. Per riportare il nostro calcio al livello dei competitori europei ci vogliono stadi, una classe dirigente all’altezza e delle riforme”. Ma non solo perché oltre alle infrastrutture – “parapubbliche o private” – all’altezza della A devono essere “dirigenza, settore giovanile, capacità di indebitamento, incassi a breve compatibili, possibilità di fare mercato. Altrimenti altra categoria”.
Abodi mi piace xkè ha una visione proiettata al futuro ed è quello che ci serve oltretutto il calcio italiano da questo punto di vista è già molto indietro rispetto al calcio europeo parlando di stadi con bar pizzerie ristoranti museo negozi annessi