Sul tavolo del neoministro dello Sport Luca Lotti giace la riforma dei criteri di aggiudicazione dell’asta per i diritti delle partite di Serie A. L’ultima asta spinse l’Antitrust a pesanti multe per quello che fu definito un accordo illecito fra Mediaset Premium, Sky, Infront e Lega Calcio. Ne scrive oggi La Stampa che fa il punto della situazione.
Di qui la decisione di riscrivere le regole prima dell’asta prevista nel 2017 e che dovranno valere fino al 2021: una torta da 950 milioni di euro.
«Saremo pronti in qualche settimana», annunciò Renzi ad aprile e da allora nulla più. Per il momento il neopremier Gentiloni – padre con la Melandri delle regole in vigore fino ad oggi – non sembra intenzionato a mettere la faccia a difesa di Berlusconi. Ma oggi incontrerà al Consiglio europeo Francois Hollande e non si può escludere che fra Ucraina e immigrazione non ci sia anche lo spazio per discutere della prima patata bollente ereditata da Matteo Renzi da quando ha preso possesso del suo ufficio al secondo piano di Palazzo Chigi. Ovvero la scalata ostile di Vivendi su Mediaset.
Una cosa è certa: l’ultimo assalto di Vincent Bolloré all’azienda italiana controllata dal capo dell’opposizione non piace né al governo, né a Matteo Renzi.
«Un chiaro attacco a un importante asset italiano, una dei tanti effetti della vittoria del no», commenta il segretario Pd al telefono con i suoi.
Sfortunatamente per il Cavaliere l’attacco al suo gruppo arriva da un Paese comunitario, e non c’è golden share che tenga. Se lo Stato intervenisse per fermarlo con strumenti di legge violerebbe il principio di libera circolazione dei capitali sancito nei Trattati: quella strada è sbarrata.
Ma la dichiarazione affidata a mercati chiusi al ministro competente Carlo Calenda è un chiaro avvertimento politico a Parigi.
Gli investimenti stranieri «sono sempre benvenuti, quando portano capitale di crescita e competenze». Ma «se si tratta di un’azienda che opera in un campo strategico, il modo in cui si procede non è irrilevante».
Il passaggio decisivo è quello in cui Mediaset viene definita «strategica»: un modo per sottolineare che – benché non si possano mettere in campo gli stessi strumenti di difesa – è considerata alla stregua di Eni o Enel.