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Vivendi sale al 26 per cento di Mediaset – Vivendi sale ancora nel capitale di Mediaset e le azioni del gruppo televisivo in Borsa segnano il nuovo massimo dell’anno con volumi record. Il colosso francese guidato da Vincent Bolloré ha infatti comprato nuove azioni, salendo al 25,7% del capitale, che corrisponde al 26,7% dei diritti di voto, e si appresta, come annunciato pubblicamente, a raggiungere la soglia del 30%.

Musica per le  orecchie di Piazza Affari: con un volo del 23,33%, un altro record dopo il balzo del 30% di 10 giorni fa, il titolo del biscione è risalito sopra la soglia dei 4 euro per azione (4,44% per precisione), un livello che non vedeva da novembre 2015: un anno fa. A fine novembre Mediaset capitalizzava  poco più di 2 miliardi; alla chiusura di ieri sera il valore era risalito a 5  miliardi.

Anche se non sono ancora chiare le modalità, l’obiettivo di Vivendi (e del finanziere Vincent Bolloré) è ormai evidente: gestire, di fatto, Mediaset. O meglio, renderla sostanzialmente ingovernabile, in modo da poter condizionare le scelte del management del biscione e della famiglia Berlusconi.

«Da lunedì della scorsa  settimana – ha spiega al Sole 24 Ore una fonte molto vicina a Bolloré – abbiamo inviato una serie di messaggi successivi. Il 3% non è bastato, il 12% non è  bastato, il 20% non è bastato. Quindi abbiamo deciso di ingaggiare una vera e propria  prova di forza, spingendo al  massimo l’acceleratore per mostrare tutta la nostra determinazione. Con il 29,9%, che raggiungeremo a breve, avremo una effettiva  minoranza di blocco, visto  che alle assemblee non  partecipa mai l’intero capitale».

Il peso azionario dei principali gruppi del settore media (dati al 19 dicembre 2016)
La capitalizzazione dei principali gruppi del settore media (dati al 19 dicembre 2016)

A quel punto, è il  ragionamento, i Berlusconi  saranno costretti a negoziare. «Perché – prosegue la fonte interpellata dal Sole -saremo in grado di avere una  voce di cui non si potrà non tener conto su tutto: i  progetti, le strategie, la  politica dei dividendi. Con tre  blocchi di azionisti – Fininvest, noi e i piccoli, molti dei quali non sono certo  soddisfatti di come stanno  andando le cose – lo scenario  cambia completamente».

E una volta riavviato il  tavolo negoziale, sia pure con metodi che qualcuno certo  può ritenere “ostili e poco  eleganti”, “tutto diventa  possibile, tutto diventa  discutibile”.

Per esempio la  prospettiva di un accordo con  Fininvest che porti al lancio di  un’Opa congiunta  (obbligatoria in caso di  concerto tra soci che insieme  detengono oltre il 51% della  società).

Ma è anche  immaginabile “che si smonti  l’attuale assetto azionario”  per ricostruirne un altro di  tipo diverso.

Altrimenti? Se cioè  Fininvest continua a  respingere l’idea di una nuova  trattativa? “Altrimenti  blocchiamo tutto. Il tempo  gioca a nostro favore. Sono  loro ad avere un problema. Sono loro ad avere una bassa  redditività. Sono loro, come  sanno benissimo, a non poter  rimanere per sempre da soli” su un mercato che sta cambiando rapidamente e  dov’è in corso un processo di concentrazione molto forte. «Noi possiamo  aspettare. Abbiamo il tempo e le risorse».

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