Polemica a tutto campo dai politici ai personaggi illustri, fino ai comuni cittadini. Napoli si interroga sulla presenza di Diego Armando Maradona al teatro San Carlo il prossimo 16 gennaio e oggi La Repubblica nell’edizione locale partenopea dedica ampio spazio al tema.
Il vantaggio per il San Carlo non è in discussione, 60 mila euro tramite Art Bonus al teatro: e visti i tempi che corrono non è neppure cosa da poco. Andranno al settore educational per aumentare la diffusione della conoscenza della grande musica tra i giovani.
L’incasso previsto è tra i 100 e i 150 mila euro. Quello che è ancora coperto dal mistero è il cachet richiesto dal campione. Maradona arriva con 3 giorni di anticipo in un albergo del lungomare, dove resterà per fare fronte ad altri impegni presi.
Di sicuro sono stati già venduti in esclusiva i diritti televisivi a Discovery Channel, il che comporta ulteriori introiti, e sono stati cercati anche numerosi sponsor privati sui quali il San Carlo prenderà alcune royalties. La società di Siani pagherà il personale e le spese per la serata e i vigili del fuoco.
A polemizzare dalle pagine del quotidiano è stato l’ex sovrintendente del Massimo, Canessa.
A dirla tutta – però – sembra eccessivo dire che Maradona “spacca” la città. Forse spacca l’elite cittadina, ma la gente sta con il Pibe de oro.
Il sindaco Luigi de Magistris è anche presidente del San Carlo, e sdrammatizza: «Non ci vedo niente di male, Maradona è stato un grande dello sport e appartiene alla storia di questa città. Io sono per un teatro popolare, dunque Maradona va benissimo. Non c’è niente da scandalizzarsi. Nessuna deriva trash, non si metterà certo a cantare. Io sarò in prima fila e sarò felice di stringergli la mano».
Contrarissimo Roberto De Simone: «Nemmeno in un teatro di provincia. Il San Carlo è internazionale, ha una storia ricchissima, ha ospitato i più grandi cantanti e i migliori direttori d’orchestra. Bisogna farci soltanto la musica, la lirica, il balletto. Non è un posto per il calcio, l’uso che se ne vuole fare è fortemente improprio. A Londra o a Parigi sarebbe inconcepibile. Ma dov’è finita la grande cultura internazionale di Napoli?».
Questi i due fronti opposti, tra chi poi accampa questioni di ordine pubblico e di gestione dell’evento e chi ricorda che pure i Pink Floyd hanno suonato a Pompei, chi predilige la tradizione e chi fa prevalere la visione imprenditoriale, con spruzzate di benaltrismo (“non si risolvono così i problemi”) e punte di opportunismo.
Dibattito aperto, ma di fatto del tutto virtuale, anche perchè non risultano ripensamenti sulla strada che porta dritta al 16 gennaio.
«Se Maradona venisse a tirare una pallonata nelle scenografie sarei contrario – spiega infine Marino Niola, professore di antropologia dell’Università di Napoli -. Ma non ci vedo nulla di strano a far venire al San Carlo uno che Carmelo Bene considerava tra i grandi geni del Novecento. La rappresentazione della storia di una vita tra dramma e melodramma mi sembra adattissima a una città orfana di simboli come Napoli. Il problema non è di Maradona, ma della città che non è riuscita a trovare simboli sostitutivi che abbiano lo stesso impatto sull’immaginario: la tutela dei propri beni culturali non vuole mai dire imbalsamazione».