Il calciomercato cinese non sarà la fine del calcio ma un nuovo mercato ad uso e consumo dei grandi club. E’ quello che ha fatto capire Ed Woodward, attuale amministratore del Manchester United, dichiarando che per lui la Cina è: “Un mercato su cui possiamo vendere qualsiasi giocatore”.
Fino a questo momento, del resto, uno dei grandi problemi dei club che maggiormente in Europa hanno contribuito all’ascesa del costo dei cartellini, è stato quello di cedere i giocatori senza dover registrare pesanti minusvalenze. Se sei colui che spende di più è difficile vendere a qualcuno alle tue condizioni.
Al Manchester United questo è riuscito bene nel caso di Angel Di Maria rivenduto al Psg, mentre altri club come il Manchester City, lo hanno fatto meno. I blu di Manchester, ad esempio in questo momento hanno 70 milioni di sterline di valore di giocatori in prestito.
E gli ultimi affari sembrano dimostrare proprio questo. La Cina è un mercato “di salvezza” per rivalutare giocatori che altrimenti finirebbero per dover essere svalutati.
Oscar era un giocatore ai margini del suo club, la Juve se ne è interessata diverse volte in passato ma cederlo ai bianconeri significava accettare un ribasso nel suo valore (qualcosa di simile è successo ad esempio con Cuadrado).
Purtroppo per la Juventus, invece, i cinesi sono arrivati su Tevez dopo la sua nostalgia di casa supervalutando con 11 milioni il valore del cartellino di uno che è stato lasciato partire a zero solo un anno e mezzo fa, e su Witsel alla fine l’operazione cinese ha evitato che lo Zenit subisse l’effetto dei propri errori di programmazione (del rinnovo contrattuale).
Uno dei fattori su cui certamente i grandi club faranno leva, in particolare, è il potere dei grandi procuratori, che sono i primi ad essere entrati in rapporti d’affari con i cinesi, a partire dal numero uno del settore: Jorge Mendes, entrato proprio un anni fa in rapporto d’affari con il fondo Fosun.
Decisiva, poi, sarà la preferenza dei cinesi per giocatori con una loro vendibilità dal punto di vista commerciale, i club della China Super League non si stanno muovendo sul mercato delle promesse ma su quello dei giocatori fatti, che per loro caratteristica hanno anche quella dell’immagine. Non è un caso se ad esempio molti club italiani hanno ripreso al contrario a guardare maggiormente al mercato interno, creando così un aumento dei prezzi per i talenti di casa nostra.
Nel frattempo i cinesi sono entrati non solo nel calciomercato europeo (inteso come compravendita di giocatori) ma anche in quello delle società (Milan, Inter, Atletico Madrid, Espanyol, Aston Villa, per citarne alcune).
Il timore in questo senso è che alcune di queste vendite sono state condotte da meno operatori esperti a livello internazionale abbagliati dal successo dei migliori campionati europei. Alexander Jarvis, presidente della Croce Blackbridge Borders Group, realtà che ha mediato un certo numero di offerte di calcio cinesi per club europei, ha spiegato che, “pochissimi hanno un piano d’azione concreto per i primi 100 giorni una volta che il contratto è firmato”.
Nel frattempo c’è chi come il Manchester City ha ceduto il 13% – ovvero una quota importante ma minore, non di controllo – a Citic con una valutazione sette volte superiore a quanto sborsato nel 2008 per acquisire il club. Senza dubbio un affare.
Quel che è chiaro in questo momento è che mentre alcune aziende vedono il calcio come un modo per spostare soldi fuori dalla Cina, altri invece vedono la continua espansione come una possibilità per ingigantire la torta del calcio europeo.
Ma il calcio è un settore difficilissimo: non tutti i club possono costruire in poco tempo una fan base internazionale, e tanto meno possono pensare nel breve di vincere un campionato, ancor più se in molti perseguono lo stesso obiettivo. E in questo senso chi parte prima (o parte in vantaggio, ovvero i grandi club) ha numerosissime possibilità di successo in più.
Di certo tutte queste operazioni promuovono il soft power della Cina.
In altre parole: la presenza di aziende cinesi nel calcio le aiuterà ad entrare nel tessuto sportivo contribuendo a ridurre lentamente i sospetti tra pubblico e responsabili politici di quello che è per molte persone un paese sconosciuto lontana.
Il calcio può essere un grande connettore cross-culturale, e se la Cina diverrà nazione calcistica influente lo farà di più per promuovere l’immagine del paese con risultati inimmaginabili per qualsiasi società di pubbliche relazioni. Ma questo è l’effetto indiretto. Quel che invece pare chiaro è che molte operazioni cinesi in Europa sono destinate a finire negativamente.