Spesso al centro delle solite polemiche tra conservatori e innovatori, i naming rights, ovvero i diritti di denominazione dello stadio da parte di una azienda, rappresentano una delle più importanti fonti di entrate in chiave futura per molti club di calcio.

Se nello sport statunitense di fatto spesso questi sostituiscono a livello di importanza, gli incassi derivanti dallo sponsor di maglia (spesso non permesso) o dallo sponsor tecnico (che spesso è collettivizzato).

In Europa invece i naming rights rappresentano una novità degli ultimi anni, con una diffusione a macchia di leopardo, come spesso accade nel continente. In particolare: se il 72% degli stadi della Bundesliga portano il nome di uno sponsor, nella Premier League la diffusione tocca il 35%.

Ben diversa invece la situazione nell’Europa mediterranea: l’Italia è solo dodicesima, con 2 stadi su 20 (il Mapei di Reggio Emilia, che ospita il Sassuolo, e la Dacia Arena di Udine) portano il nome di uno sponsor, mentre in Spagna nessuna delle 20 società della Liga spagnola utilizza questa leva di ricavo.

Andrebbe aggiunto anche che lo Juventus Stadium sin dalla sua apertura ha un accordo per la denominazione dello stadio (da cui incassa i diritti), che tuttavia non è mai sfociato in una sponsorizzazione aziendale.

Uno dei precursori del modello è stato l’Arsenal quando nel 2006 Emirates ha dato il suo nome allo stadio che ha sostituito il mitico Highbury. Dopo un decennio il nome è ancora quello, e il dato permette di sottolineare che solitamente i naming rights prevedono contratti di lunga durata, che danno quindi certezze non solo nel breve e medio periodo.

La UEFA ha studiato la situazione nel suo ‘Club Licensing Benchmarking Report’. E come detto la Germania spicca su tutti, non solo per la Bundesliga, anche la seconda divisione conta 9 stadi sponsorizzati su 18 squadre: un 50% che le vale il secondo posto. Un dato emerge soprattutto nei paesi del Nord Europa: il terzo paese in classifica è la Danimarca con 8 stadi sponsorizzati, il 57% del campionato, seguita da Premier League 7, Eredivisie olandese 6 su 18 e Championship inglese (la seconda divisione) con 6 su 24.

Delle 16 leghe analizzate dall’Uefa nella scorsa stagione sono 3 quelle che non hanno diritti di denominazione sugli stadi: il campionato ucraino, quello portoghese e quello spagnolo.

Dal punto di vista degli sponsor, invece, curioso il fatto che ci siano tre società con più di uno stadio sponsorizzato: Allianz (Monaco di Baviera, Vienna e Nizza), AFAS (Mechelen e Alkmaar) e Red Bull (Salisburgo e Lipsia).

E quest’ultima potrebbe andare per la tripletta, molto presto, se riuscisse come sembra ad aggiudicarsi il club inglese del Coventry che attualmente gioca nel proprio stadio denominato Ricoh Arena.

 

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Un bresciano a Manchester. Tra giornalismo economico e football scouting