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Il tetto agli stipendi alla Rai si applicherà anche ai contratti di collaborazione e alle consulenze di natura artistica. Insomma, anche le star della Tv pubblica (oltre al management cui da ottobre scorso è stato tagliato lo stipendio) – a norma di legge – rischiano di restare impigliate nella norma dell’ottobre scorso che sancisce «il limite retributivo a 240 mila euro annui senza eccezioni». Lo scrive oggi, tra gli altri, il quotidiano La Stampa. 

Il provvedimento, in base a quanto è emerso finora, non dovrebbe toccare alcun compenso tra i personaggi del mondo del calcio. Non risultano, a tal proposito, compensi superiri al tetto prestabilito, anche se va fatto notare che Flavio Insinna (1,4 milioni l’anno in base a quanto scritto dal Corriere della Sera) e Antonella Clerici (3 milioni di euro in due anni) hanno avuto anche esperienze nel settore. Il primo è stao conduttore quest’estate de “Il grande match” durante gli Europei, mentre la seconda è ormai da tempo lontana dal calcio che ha dato il via alla sua carriera.

Anche il contratto di collaborazione con Mario Sconcerti, ad esempio, risulta essere inferiore rispetto a

Va da sè, è la tesi di molti, che questi limiti fissi relativamente bassi rischiano di indebolire la Tv pubblica sul mercato, ma uscire dall’impasse non sarà così facile. Al punto che il vertice di viale Mazzini è arrivato alla decisione di oggi solo perché le richieste di chiarimento inviate al ministero del Tesoro non hanno ancora avuto risposte (l’ultima di queste risale allo scorso 8 febbraio).

Tant’è, spiega il consigliere Arturo Diaconale, che «per noi intervenire sugli stipendi degli artisti è stato un obbligo di legge, anche alla luce dell’interpretazione prevalente secondo cui il tetto vale per tutti». Ma una decisione così – spiega Diaconale – può provocare una serie di defezioni, «perché alcuni artisti potrebbero decidere di andare altrove, e anche aprire contenziosi».

La legge, al momento, non consente scorciatoie. «Quello che possiamo fare – aggiunge – è spingere affinché la norma possa essere rivista, altrimenti la Rai va fuori dal mercato. Certo, il giorno in cui venisse corretta la legge, ci sarebbe il problema dell’autolimitazione di cachet, in alcuni casi esagerati. Prima però di farlo, consentiamo, modificando la legge, alla Rai di stare sul mercato».

Ma la politica, a destra quanto a sinistra, per ora soffia sul tetto del limite.

Secondo il consigliere Franco Siddi, «l’applicazione secca così rigida può causare danni a un’impresa che rischia di perdere soggetti con grande talento e grande appeal, penalizzando così la competitività». Ma è chiaro che se la legge non viene corretta, «noi amministratori abbiamo il dovere di rispettarla alla lettera».

Per il presidente della Vigilanza Roberto Fico bisogna «tenere alta la guardia, perché non finisce qui. Le cose arrivano con un lavoro serio e quotidiano». Mentre per la giornalista Lucia Annunziata, «non c’è problema, è una legge dello Stato, una decisione del Cda Rai, io obbedisco».

«È ovvio – sottolinea Annunziata, che della Rai è stata anche presidente – che si lavora per una azienda che ha il diritto di decidere come e quanto pagare». «Personalmente – aggiunge, «trovo anche giusto che il servizio pubblico offra un pagamento inferiore a quello che è il mercato».

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1 COMMENTO

  1. Volevo chiedere se è previsto un tetto alle cene e ai pranzi per i giornalisti RAI. Dopo la figuraccia dei pasti a 70 euro a spese dei contribuenti agli Europei di Parigi (chissà cosa hanno combinato in altre manifestazioni come il Mondiale) è chiaro che il carrozzone viene mantenuto non per tutelare il diritto all’informazione dei cittadini, ma per mantenere privilegi di ogni genere per i “fortunati” dipendenti della RAI tv.

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