La Premier League, che secondo molti sarebbe molto competitiva perchè l’anno scorso ha vinto il Leicester, garantisce alle 5 squadre più deboli un punto in più a campionato rispetto a quanti ne facciano le italiane.

E’ il dato che emerge da un approfondimento sull’indice di competitività pubblicato nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore.

Un dato che rivela come la competitività in Premier League è a livello di quella della serie A. Altro che miracoli.

Ma come? Non bisognava copiare i diritti tv delle inglesi che garantiscono grande competitività del campionato?

Evidentemente i sistemi sono un po’ più complessi.

L’indice è stato elaborato parametrando i risultati ottenuti dai primi 5 club di ogni campionato con quelli degli ultimi 5 del periodo 2011-2016. Ed il risultato è decisamente interessante.

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Andiamo con ordine cercando di trarre qualche indicazione da questi dati.

Il vero livellatore è il Salary Cap.

Il campionato con il migliore indice di competitività è quello statunitense, ovvero la Major League Soccer, dove le ultime 5 squadre fanno il 65% dei punti rispetto alle prime 5.

La competitività è maggiore fuori dall’Europa.

Curioso che i campionati con il miglior livello competitivo siano quelli di Stati Uniti, Brasile e Cina. Anche se è vero che è assai arduo trovare un filo conduttore tra queste realtà.

Certamente in Brasile la componente casuale determinata dalla scarsa continuità del campionato che esporta più al mondo è decisiva.

Più interessante, invece, concentrarsi sul livello di competitività che cala nettamente nei campionati europei.

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Edinson Cavani, attaccante del PSG (Foto. Insidefoto.com)

Il caso Ligue 1.

In Europa la Ligue 1 francese ha il livello di competitività maggiore. Non deve ingannare in questo caso il potere del PSG. L’indice viene calcolato sulle prime 5 squadre e il dato non esclude che ci possa essere un super club egemone. Peraltro anche negli sport americani esistono i cicli vincenti che, nel breve periodo, sono sostanzialmente inevitabili.

La realtà, piuttosto, è che in Francia nel quinquennio considerato sono state 3 le squadre campioni (Lilla, Montpellier, Psg) e dal 2008 al 2013 il campionato è stato vinto da 6 squadre diverse.

In più: tra le 5 squadre con più punti si trova ad esempio il Bordeaux, che in questo stesso lasso di tempo (5 anni) non è mai arrivato sul podio.

In una analisi storica il dato non stupisce: in Francia il mecenatismo sportivo è sempre stato meno accentuato che altrove (il club con più titoli è il Saint-Etienne, 10) ed ha pagato questo aspetto politico economico con una sostanziale subalternità calcistica a livello europeo (dove è quinta nel ranking a un distacco abissale intorno ai 12-13 punti dall’Italia).

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Il Leicester, vincitore dell’ultima Premier League (Insidefoto.com)

Il falso mito della Premier League.

Il Leicester, come detto, ha illuso gli osservatori da bar. La regola in Inghilterra in realtà è quella di cui si dibatteva fino a due stagioni fa, ovvero la presenza di 4 (poi 5, ora forse 6) squadroni che la fanno da padroni. E che lasciano le briciole agli altri.

Basti dire che negli ultimi 5 anni le ultime 5 hanno fatto il 46,7% dei punti rispetto alle prime 5 (le due di Manchester più Arsenal, Chelsea e Liverpool), ovvero 33,9 punti a stagione in media. contro i 32,9 punti medi delle ultime cinque italiane.

Insomma, la grande competitività del calcio inglese rispetto a quello italiano si differenzia in un pareggio all’anno in più per ciascuna delle ultime 5.

Real Madrid - Granada

La competitività europea.

I campionati europei maggiori hanno situazioni simili, come si vede dal grafico.

Come diverse volte ha argomentato CF – calcioefinanza.it il fenomeno vero che ha determinato l’evoluzione in questo senso dei vari campionati è la Sentenza Bosman.

Da metà degli anni 90, infatti, le società hanno potuto liberamente approvvigionarsi su un mercato calciatori che non corrispondeva più a quello della competizione principale a cui prendevano parte.

Un mercato europeo, quindi, a fronte di campionati nazionali. Che ha creato uno strabismo evidente ed una spaccatura tra chi ha continuato ad avere dimensioni (e mercato) sostanzialmente nazionali e chi invece è cresciuto su scala internazionale.

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(Insidefoto.com)

Il caso Bundesliga.

L’esempio del campionato tedesco, che a differenza degli altri 3 principali europei è giocato a 18 squadre, può essere interessante per capire una direzione da prendere nell’immediato.

La Bundesliga risulta essere tra i big 4 la competizione più equilibrata dove le ultime 5 fanno il 48% dei punti rispetto alle prime 5, ovvero 793 punti per una media di 31,72 punti a testa a stagione.

Ma se il campionato tedesco fosse giocato a 20 squadre la media crescerebbe proporzionalmente portando le ultime 5 a 886 punti, ovvero 6 in meno di quelli che vengono realizzati dal campionato spagnolo.

Da questo punto di vista, quindi, si può dire che la diminuzione del numero di squadre, con l’innalzamento del livello medio complessivo delle sfide, aiuta la competitività. Un tema, questo, particolarmente dibattuto in Italia dove i grandi club sembrano auspicare una riduzione del format di Serie A da 20 a 18.

 

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Un bresciano a Manchester. Tra giornalismo economico e football scouting