L’utilizzo dello sfottò sui social media da parte dei tifosi è unanimemente accettato, tanto quanto contestato, ad ogni latitudine del mondo.
Ma se lo stesso stile narrativo, che sia attraverso un tweet, un meme o uno status su Facebook, viene utilizzato dai club, tutto ciò diventa più spinoso e tende a dividere.
Principalmente tra chi accetta, anche dai canali ufficiali, un tono per così dire scanzonato, e chi invece vorrebbe una condotta diversa.
Nel campionato di basket NBA – come riportato oggi in un editoriale Gazzetta da Andrea di Caro – una recente polemica tra club ha convinto la lega a redigere una nuova policy in cui si invitano i club a non prendere in giro gli avversari. Meglio lasciare gli sfottò solo ai tifosi.
Il dibattito quindi è aperto e non è escluso che pure l’Uefa (ma il discorso potrebbe allargarsi alla Lega calcio di Serie A, se non addirittura alla FIGC) presto non adotti misure simili.
L’ultimo caso in ordine di tempo è il “dejà vu” con cui il Bayern Monaco ha commentato su Twitter il 5-1 inflitto all’Arsenal, che ha bissato quello dell’andata.
Irrispettoso o accettabile? Difficile dare una risposta.
Alla mente corre la mano che il bomber Pruzzo mostrava a Oronzo Canà nel celebre “L’allenatore nel pallone”.
Certo, si trattava di una commedia, di un film, ma quello sfottò del bomber all’allenatore avversario impersonato da Lino Banfi era anche la testimonianza di un modo di vivere il calcio molto più scanzonato di quello attuale: dentro, fuori dal campo ed anche sulle tribune.
Piani diversi, ovviamente, forse solo lontanamente paragonabili, ma uno spirito, un’umanità, che è esistita e può esistere.
Il Bayern, peraltro, lo scorso anno si era scusato con chi (in particolare il Corriere dello sport, che aveva lanciato la campagna #viaibinarinazisti) vedeva nei binari con la frase “Per voi qui è la fine” diretti all’Allianz Arena, un richiamo al nazismo.
In quel caso neppure la tifoseria juventina era unanime sull’accettazione o meno della vignetta, nelle ore prima del match #viaibinarinazisti divenne trend topic e non certo perchè tutti lo condividevano.
Ma in quel caso come in molti altri è molto facile veder cambiare le sensibilità in base ai colori e alle appartenenze. Oppure sentire ragionamenti del tipo “siccome voi… allora noi…”.
Di diverso tono era il tweet del Manchester City nel 2014 prima della sfida con la Roma: «Felici di ospitare un giocatore leggendario come Totti. Non ha mai segnato in Inghilterra, vero?». Totti segnò quella stessa sera.
Si oscilla, insomma, dall’autogufata al cattivo gusto. Tutte cose che poi, a ben vedere, sono molto soggettive.
Il problema nasce quando lo sfottò automaticamente diviene di dominio pubblico, si viralizza e inevitabilmente si decontestualizza rispetto all’istante in cui è stato pensato e pronunciato.
Questione di sensibilità? Certamente. Di educazione? Pure. Ma anche di relatività e di capacità di giocare partite che durino 90 minuti, non settimane (in un senso e nell’altro).
L’ultima parola spetterà ovviamente, all’Uefa e a tutti gli organi competenti ai diversi livelli nazionali, con una raccomandazione: introdurre policy, norme e regolamenti, significa dare dignità giuridica (e quindi effetti sanzionatori) a quelle che fino al giorno prima erano solo querelle mediatiche. Con tutte le conseguenze del caso.