La follia americana passa per il college, le universita’, succede a marzo e gia’ il nome e’ tutto un programma: March Madness. Quel che noi italiani non potremo mai capire fino in fondo e’ perche’ un torneo tra universita’, che ha visto i primi campioni ufficiali nel lontano 1939, possa rappresentare un appuntamento cosi’ importante, ma cosi’ e’.
L’appuntamento con le finali NCAA, il basket dei futuri assi NBA rappresenta un appuntamento imperdibile e una piattaforma di sperimentazione tecnologica. Anche quest’anno non si sono fatte attendere innovazioni che atterreranno presto tardi anche da noi. Un’immancabile ormai feature delle manifestazioni piu’ importanti e’ la realta’ virtuale.
Un’app ha offerto questo servizio al costo di $1,99 o $2,99 per una gara o $7,99 per sei. Anche l’anno scorso i tifosi hanno apprezzato la possibilita’ di dare ai fans un pacchetto in realta’ virtuale completa, con telecamere dedicate, alcune dirette verso gli stessi tifosi, le altre sul campo con la possibile scelta dello stesso spettatore su quale prospettiva puntare, come fosse il regista.
La parte del broadcasting, in particolare lo streaming su cui si puntano le attenzioni oggi in Italia nel tentativo di dare linfa vitale al nostro calcio, ha giocato la parte del leone in NCAA. La lista dei broadcaster via internet farebbe invidia a qualunque lega sportiva europea, tali e tanti sono i player on line che si sono accaparrati i diritti: in tutto 15 piattaforme, tra cui per la prima volta Amazon Alex e Xbox che, come sappiamo, sono nati anni fa per vendere l’una libri digitali, l’altra per giocare ai videogames.