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Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, e l'ad Beppe Marotta (Insidefoto.com)

Beppe Marotta non molla e torna ad alimentare la polemica sull’istituzione in Italia delle seconde squadre, un modo utile – per sintetizzare il pensiero del top manager bianconero – per far coltivare talenti e far aumentare tra i giovani professionisti il senso di appartenenza al club. Marotta ne ha parlato nel corso del J1897 Member’s Day, la giornata dedicata ai tifosi bianconeri ospiti ieri della dirigenza – presente anche Andre Agnelli, il numero uno. “La Continassa sarà la casa della prima squadra e, forse, della seconda. E qui apro una polemica annosa da parte nostra”, ha detto Marotta sapendo di toccare un argomento piuttosto caldo tra i tifosi.

I modelli di riferimento, penso alla Spagna, hanno le seconde squadre – spiega Marotta -, mentre in Italia non ci sono. Quando si conclude il settore giovanile ci si ferma, il giovane calciatore non trova sbocco nella prima squadra perché non è ancora pronto. Tanto più è alto il livello, tanto è difficile l’inserimento. Basta pensare che abbiamo valorizzato quattro giocatori in 12 anni”.

Così facendo, sostiene Marotta, i grandi club sono costretti a mandare in giro per l’Italia i loro campioncini, rischiando di perderne di vista qualcuno. “In questo modo si perde il fattore di crescita dato dalla qualità dei giocatori con cui si allenerebbero – spiega Marotta -, il calcio italiano deve capire che le seconde squadre sono propedeutiche all’ingresso in prima squadra”.

Eppure non a tutti piace il modello, solo una manciata di giorni fa una vera e propria bocciatura è arrivata da Pep Guardiola che ha criticato il modello inglese delle seconde squadre, ovvero al campionato cosiddetto “riserve” che include tutti i team under 23 (ma per lo più formato da under 21).

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