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Lionel Messi è in procinto di firmare l’estensione di contratto che lo legherà al Barcellona per altre tre stagioni più l’opzione per l’eventuale quarto.

Come riportato nei giorni scorsi da calcioefinanza.it manca solo l’ufficialità che tarderà ad arrivare fino al primo di luglio, giorno in cui si concluderà la stagione 2016/17 e il Barcellona potrà far gravare il salario multi milionario del numero 10 nel periodo amministrativo successivo.

Nel globo sono 6 gli atleti che per le loro prestazioni vengono remunerati con uno stipendio superiore ai 20 milioni di Euro.

Metà appartengono al campionato cinese: Carlos Tevez, Oscar e Hulk. L’altra metà appartiene alla Spagna (Messi, Neymar e Cristiano Ronaldo) ovvero alle due società europee le quali hanno la maggior esposizione al mercato mondiale, insieme al Manchester United, e che ogni anno arrivano fino in fondo alle proprie competizioni, nazionali ed europee.

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L’esultanza di Leo Messi dopo il gol decisivo contro il Real Madrid (foto Insidefoto.com)

Facendo i bagagli e trasferendosi negli Usa non si può invece non notare la grandissima differenza culturale tra i due mondi in questione.

Nel contesto calcistico, non vi sono presenti Leghe chiuse per cui, chiunque volesse investire del denaro, avrebbe un’ampia gamma di opportunità, in quanto vi siano anche le seconde e le terze leghe collegate direttamente alla prima.

Di conseguenza, le opportunità di investimento sarebbero le più svariate e potrebbero attrarre molti più capitali di quanto potrebbero fare l’NBA che, invece, è basata su tutt’altro perché si parla dell’unica Lega professionistica di pallacanestro del Paese e i monti ingaggi che le franchigie distribuiscono rappresenterebbero l’Everest anche per Barcellona e Real Madrid.

E’ legittimo chiedersi: perché allora nel contesto calcistico ci sono molte più opportunità di investimento, ma il basket statunitense distribuisce stipendi che sono i più dello sport organizzato mondiale?

La risposta è semplice e la si trova ogni qual volta si parla di campionato: competitività e competizione.

In NBA, nella stagione 2016/17, per trovare il primo giocatore a guadagnare uno stipendio inferiore ai 20 milioni di cui si parlava prima si deve scendere fino alla trentesima posizione.

Ryan Anderson ha visto il proprio conto corrente aumentarsi di $ 18.735.364,00 ed è il trentesimo giocatore più pagato della Lega. Per trovare il primo che guadagna sotto i 10 milioni di dollari dobbiamo scendere fino alla 111esima posizione dove Alec Burks vede gli Utah Jazz versagli 9 milioni e 900 mila presidenti.

Vi è un motivo che sta dietro a questo fenomeno e non trova assolutamente casa nell’idea che la Nba, come le altre Leghe americane, è un campionato chiuso, senza retrocessioni e promozioni.

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(Foto ufficio stampa Nba)

Il motivo sta nella elevata competizione del campionato che rende il risultato il più aleatorio possibile. E com’è raggiunta quest’elevata competizione? Tramite un meccanismo di distribuzione delle risorse economiche disponibili basati su dei principi totalmente meritocratici che aumenta il potere di spesa delle Franchigie le abbattono quelle barriere che dividono le società in diverse fasce economiche e sociali.

Se in Nba ci fosse un sistema di retribuzione salariale simile al Fair Play Finanziario, le uniche società in grado di permettersi uno stipendio superiore ai 30 milioni di dollari sarebbero solo Los Angeles Lakers, Boston Celtics e Chicago Bulls, perché vincendo in passato e avendo un’apertura al mercato globale abbastanza ampia, possono permettersi di potersi staccare dal resto della concorrenza, e di giocarsi un campionato a tre sostanzialmente.

Basti pensare che nella lista dei primi 30 giocatori più pagati, 20 sono di squadre diverse. In un’ottica calcistica, si arriverebbe a giocare un campionato in cui le venti squadre partecipanti hanno un giocatore le cui prestazioni sono tra le prime venti della competizione per salario.

Questo è dovuto in gran parte a due fattori gestionali: al Salary Cap, il quale, ponendo un limite massimo sugli stipendi, permette ai New Horleans Hornets di poter distribuire stipendi pari a quelli distribuibili da Los Angeles, Boston e Chicago; al Salary Floor, che, ponendo al contrario un limite minimo, costringe New Orleans a distribuire stipendi per un ammontare tale da mantenere elevata la competizione.

La differenza è questa sostanzialmente, un sistema di gestione federale che allarghi il bacino delle squadre competitive per rendere la stagione più appetibile agli stakeholder e il risultato aleatorio. E questa dovrebbe essere la strada che il globo calcistico dovrebbe seguire.

Finchè il Barcellona offre un ingaggio ad un suo solo giocatore pari a quanto distribuisce il Celta Vigo per l’intera rosa, come si potrà mai pensare ad una competizione equa?

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