statistiche calciomercato 2017 flussi economici
Pjanic e Higuain (Insidefoto.com)

Uno studio del bookmaker Bwin rivela un dato interessante sul calciomercato italiano che si presta a numerose valutazioni.

Ben 2/3 degli affari che vengono conclusi dai club di Serie A sono fatti con competitor diretti. Ovvero: il 66% dei trasferimenti avviene all’interno del mercato italiano. Nessuno al mondo ha questa incidenza.

Un paragone può essere fatto ad esempio con i club di Premier League, ovvero quelli che scambiano il minor numero di giocatori tra di loro. Un esempio? Negli ultimi dieci anni il Manchester City ha speso 1,14 miliardi di sterline per acquistare giocatori e solo il 35% di loro sono poi rimasti in Inghilterra.

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L’analisi BWin è stata condotta sugli ultimi 10 anni di mercato nei 5 maggiori campionati europei: dall’Inghilterra alla Francia passando per Germania, Italia e Spagna.

Un esempio lampante, tra gli alti, è la Juventus, che ha vinto gli ultimi sei titoli della Serie A spendendo 690 milioni di sterline di cui il 71% è stato speso in Italia (esattamente l’ammontare speso dal Psg nelle altre 4 grandi leghe). Il Real Madrid ad esempio ha investito il 65% nelle altre big 4, e solo il 14% in casa.

Interessanti, invece, i flussi dell’Udinese e del Watford: i club dei Pozzo detengono due record. L’Udinese è quello che ha preso più giocatori dalla Spagna (21), il Watford quello che ne ha ingaggiati più dall’Italia (20).

Fra le tendenze, la Turchia è quella che ha avto la più grossa crescita di mercato negli ultimi 10 anni (+105%) seguita da Belgio (+55%) e Ucraina (+233% ma su numeri ben diversi in assoluto).

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La lega porgoghese è quella che esporta di più in termini numerici (101 cessioni di giocatori all’estero) mentre sembrano meno di moda i campionati Sudamericani: gli affari dell’Argentina sono calati del 32%, quelli con il Brasile del 19% e con l’Uruguay del 33%.

Ma torniamo un attimo all’Italia. Il dato che la vede come paese in cui si scambiano più giocatori sul mercato interno dice molto dell’ambiente economico del nostro calcio e delle relazioni che lo caratterizzano.

Già mesi fa parlando di Tpo e comproprità facevamo notare come i nostri club nel momento in cui la prima bolla calcistica stava per scoppiare (primi anni 2000) hanno reagito dilazionando possibili perdite attraverso scambi di giocatori sul mercato interno spesso attraverso comproprietà.

Un espediente che sul piano sportivo non è diverso dal ricorso alle Tpo (si tratta sempre di un meccanismo per il quale il cartellino del tuo giocatore non è del tutto tuo), ma che invece su quello relazionale riflette la fitta rete relazionale che contraddistingue il nostro calcio, dove il mutuo soccorso almeno sul calciomercato prevale sulle ragioni della concorrenza.

Non è un caso, peraltro, che il nostro sia l’unico paese che identifica il calciomercato come un luogo fisico. Storicamente nacque come salotto buono dei presidenti radunati all’Hotel Gallia da Raimondo Lanza Principe di Trabia, allora presidente del Palermo.

Erano gli anni ’50 ma quei giorni furono decisivi nel caratterizzare il mercato calcistico italiano come ambiente di affari tra club mentre altrove prevaleva un modello B2C. Ecco perchè per crescere gli altri hanno guardato a stadi e merchandising, mentre la serie A è rimasta ancorata ai suoi problemi strutturali.

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Un bresciano a Manchester. Tra giornalismo economico e football scouting