C’è un nuovo competitor a minare da vicino l’egemonia delle “big-three” d’Istanbul: Galatasaray, Fenerbahce e Besiktas che, oltre a realizzare i più alti ricavi del calcio turco, si sono assicurati 31 titoli degli ultimi 33 titoli in palio.
Non si tratta di Tranbzonspor e Bursaspor, i due club che approfittando del boom dell’industria anatolica hanno provato a conquistare un posto al sole in Super Lig, ma del piccolo Istanbul Basaksehir, l’unica delle cinque società d’Istanbul in massima serie a portare il nome della città nella sua denominazione ufficiale, conosciuto anche come Medipol per ragione di sponsor.
Di età relativamente breve, la carta d’identità del club recita 27 anni, ma per come lo conosciamo noi, il Basaksehir ne ha in realtà soltanto tre, avendo sostituito in linea di successione il vecchio Istanbul Buyksehir Belediyesi, dalle cui ceneri e promozione in Super Lig è nata la squadra che nelle ultime tre stagioni ha osato strappare due quarti posti e l’ultima storica seconda piazza in classifica che è valsa l’accesso al 3° turno dei preliminari di Champions League.
Nonostante sia sulla scena da meno di trent’anni, la squadra ha già avuto modo di scrivere pagine importanti del calcio turco, e non solo per i risultati in campo. Nel 1990, l’allora Istanbul BB nacque dalla fusione dell’azienda ferroviaria d’Istanbul, di quella dell’acqua pubblica, e di altre municipalizzate locali che diedero il via a un club controllato dall’amministrazione comunale. Con base a Basaksehir, nord-ovest della città, il 39° distretto della megalopoli sulle rive del Bosforo conta poco più di 300.000 abitanti e l’etichetta di quartiere residenziale, ancora in espansione, della ricca borghesia conservatrice. Qui sorgerà a breve il terzo areoporto cittadino, e qui ha avuto sede per 24 anni una squadra che si è affermata, secondo la dialettica spagnola, come “equipo elevador” per via della lunga serie di promozioni e retrocessioni in e dalla Super Lig.
L’anno che ha cambiato le sorti della società è stato il 2014 quando, rendendosi indipendente dalla polisportiva che, come per gli altri club turchi, controllava la sezione calcistica, il Basaksehir ha preso la denominazione attuale, passando dalle mani del Comune a quello del Ministero dello Sport e della Gioventù.
Non solo, dopo le stagioni passate nel mastodontico stadio Olimpico Ataturk, impianto da 81.000 posti nel quale l’affluenze alle partite non superava le poche migliaia di presenti, lo stadio Fatih Terim – intitolato proprio all’attuale c.t. della Nazionale turca -, stadio da 17.000 posti costato 43 milioni di euro, a cinque stelle Uefa, e costruito nel giro di appena 14 mesi, è diventato uno dei 28 campi da gioco regalati dal governo alla nazione nell’ultimo decennio. Il 2014, oltre a cambiare il corso sportivo del club, ne ha cambiato anche il seguito.
Affermatosi come squadra simpatia d’Istanbul, seguita soprattutto da giovani e studenti alla ricerca di un pomeriggio di football in compagnia, e in segno di protesta contro la violenza negli stadi che ha danneggiato in modo grave gli ultimi trent’anni di calcio turco, la mano del governo ha rapidamente trasformato il Basaksehir da squadra del popolo a nemico delle opposizioni.
In riva al Bosforo, infatti, non è un segreto che il club sia nato per iniziativa dell’AKP, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo del presidente Recep Tayyip Erdogan che, con una tripletta nel giro di un quarto d’ora, si è tolto anche la soddisfazione d’inaugurare lo stadio Fatih Terim con tanto di maglia arancio-blu addosso in un’amichevole organizzata per l’occasione.
Al di là delle accuse e della dietrologia, il Basaksehir ha comunque risposto alle critiche con i risultati. Guidato in panchina da Abdullah Avci, ex allenatore della Nazionale turca under 17, con la quale nel 2005 ha vinto in Italia l’Europeo di categoria, e della Nazionale maggiore, per la quale ha preso il posto di Guus Hiddink mancando tuttavia la qualificazione a Euro 2012 e facendosi allontanare da stampa e tifosi con l’accusa di essere troppo difensivista, Avci è tornato nel vecchio club che aveva già guidato dal 2006 al 2011.
In un calcio come quello turco, nel quale oltre l’80% degli allenatori non resta più di una stagione nella stessa squadra, il suo triennio in carica è già un record. Dopo il doppio quarto posto, e la doppia eliminazione al 3° turno di Europa League per mano di AZ Alkmaar e Shakhtar Donetsk, il girone d’andata condotto quasi interamente al primo posto, le vittorie di prestigio nei derby contro Galatasaray e Fenerbahce, la finale di Coppa di Turchia e il secondo posto a -4 dal Besiktas campione di Turchia è il biglietto da visita sul quale plasmare il domani del club.
La rivoluzione del Basaksehir apportata al calcio turco è, innanzitutto, costruire un progetto a lungo termine. Nello “spendi e spandi” delle “big-three”, necessario soprattutto ai fini di marketing e merchandising, la filosofia dei nero-arancio si basa soprattutto sulla scelta oculata degli innesti.
A un organico di giovani leve, negli ultimi anni sono stati inoltre aggiunte pedine d’esperienza del calibro di Volcan Babacan, portiere della Nazionale turca con un passato al Fenerbahce, e dell’ex centrocampista dell’Inter Emre Belozoglu. Per puntare in alto il basso profilo non basta, e per questo motivo da sei mesi a questa parte nel nord-ovest d’Istanbul hanno iniziato a sfruttare i fondi che il ministero dello sport e il colosso delle cliniche ospedaliere private Medipol, principali azionisti del club, mettono a disposizione.
L’arrivo di Emmanuel Adebayor ha aperto la passerella delle stelle. All’ex attaccante dell’Arsenal, arrivato da svincolato lo scorso aprile con uno stipendio da 3 milioni di euro l’anno, si sono aggiunti nelle ultime settimane Eljero Elia – l’esterno della Nazionale olandese per il quale, con 1.3 milioni di spesa, Avci ha eguagliato il 1.2 utilizzato la scorsa estate per allestire l’intera rosa -, Gael Clichy e Aurelien Chedjou. Nella lista dei desideri ci sono ora anche Ashley Young e, soprattutto, Wesley Sneijder: un trasferimento possibile, spiegano i media turchi, per via del fatto che l’olandese sarebbe stanco degli anni al Galatasaray ma non della vita condotta a Istanbul.
Il futuro del Basaksehir si gioca soprattutto fuori dal campo. La mancanza di seguito e di radici sul territorio hanno invitato il presidente Gosksel Gumusdag – un passato da vice-presidente della TFA, la Federcalcio turca, dimessosi poi nel 2012 insieme al suo suo superiore Ali Aydinlar – a puntare forte sull’allestimento di un academy di richiamo.
Per farlo, i dirigenti si sono recati ospiti da Atletico Madrid, Chelsea e Manchester City – e anche in quest’ottica si deve leggere l’affare che ha portato Clichy in Turchia e il giovane promettente Cengiz Under in Premier -, per una serie di consulenze su come impostare lo sviluppo del vivaio.
La seconda sfida è inoltre quella di aumentare l’iniziativa privata a sostengo della società. La dipendenza dal governo, oltre a creare malcontento nella popolazione per via dell’uso di fondi pubblici, vale anche una limitazione di diffusione per quanto riguarda la pubblicazione di bilanci e rendiconti finanziari, dei quali, effettivamente, non c’è traccia.
Di certo si sa che il valore della rosa si aggira sui 72.5 milioni di euro, una quindicina in meno di Galatasaray e Fenerbahce, e 30 in meno del Besiktas, nonostante nei proventi da diritti tv le “tre sorelle” si spartiscano oltre il 30% tra di loro e il piccolo club di Istanbul ovest riceva appena 10 milioni, la fetta di torta più piccola dell’intera lega. Pochi anni fa, solo pensarlo, sarebbe stata una follia. Oggi l’Istanbul Basaksehir è invece più che una realtà.
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