Lo United festeggia la vittoria in Europa League (foto Insidefoto.com)

La squadra più ricca al mondo, seppur non vinca una Premier League dal 2013, non vada oltre i quarti di Champions League dal 2011 (con sole 3 partecipazioni nelle ultime 5 stagioni) e abbia vinto, nell’ultima stagione, il primo trofeo internazionale dal 2009. È questa senza dubbio la forza del Manchester United, un aspetto che la accomuna al Real Madrid: riuscire a generare introiti indipendentemente dai risultati sportivi. Risultato simile, almeno economicamente (i blancos sono molto più avanti sul campo), perseguito tramite una strategia diversa.

Il modello americano è quello che ha seguito lo United. Non solo per il ruolo della famiglia Glazer, protagonisti nel bene e nel male dell’ultimo decennio in casa Red Devils. Sono passati poco più di 12 anni dall’opa ostile con cui il capostipite Malcolm Glazer si impossessò dello United, con un’operazione di leverage buy out (LBO) da 1,47 miliardi di dollari. E se nei primi anni di proprietà statunitense la capacità di un talento come Sir Alex Ferguson ha evitato molti problemi, l’addio del tecnico scozzese ha portato ad un inevitabile calo di risultati: la scelta di José Mourinho (insieme a degli investimenti tornati importanti, da Pogba fino a Lukaku passando per Ibrahimovic) punta propro a rinverdire i fasti dell’era Ferguson.

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Paul Pogba con l’Europa League vinta con il Manchester United. Foto: Insidefoto

Fatturato Manchester United modello di business, l’opa Glazer

Dal punto di vista economico, infatti, l’operazione dei Glazer ha avuto notevole impatto sulla società. La macchina da ricavi che ora abbiamo sotto gli occhi era già cominicata a crescere nel 2005, ma la strada è stata lunga ed è passata anche da alcuni adiii di peso, su tutti giocatori come Ruud Van Nisterlooy o Cristiano Ronaldo, le cui cessioni sono servite anche per mantenere mantenere dritta la barra (oltre che alla quotazione a Wall Street, grazie a cui raccoglie sul mercato 190 milioni di Euro, di cui circa la metà serve ad abbattere il debito del LBO e ’altra metà finisce ai Glazer). Nel 2005, i ricavi erano poco superiori ai 250 milioni, con lo United secondo in Europa solo al Real Madrid: una situazione che si è verificata spesso anche negli ultimi anni, solo che nel frattempo la distanza tra le prime due e le altre si è ampliata notevolmente. Tanto che, nell’ultima stagione, il Manchester è riuscito pure a superare i blancos tra le squadre in Europa per fatturato.

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Fatturato Manchester United modello di business, l’impatto del marketing

Il merito? La capacità di creare un business basato in particolar modo sulla brand extension e sullo sfruttamento commerciale del nome Manchester United. Lo United è stato precursore di strategie di marketing su scala globale e, più in generale, di un business model‎ strutturato, degno di un’azienda corporate, applicato all’industria calcistica. Una macchina commerciale dei Red Devils che continua a produrre sponsorizzazioni, merchandising, partnership e tournée milionarie.

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Tutte le partnership del Manchester United

Oggi, così, il Manchester United si è trasformato in una macchina da soldi, capace di veder crescere il proprio fatturato (stando ai conti dei primi nove mesi del 2016/17) anche senza disputare la Champions League: l’obiettivo di fine anno è di 560-570 milioni di sterline di fatturato e 185-195 milioni di sterline di Ebitda Adjusted. Il tutto con un livello di indebitamento netto in aumento causa brexit, ma comunque pari a 366,3 milioni di sterline al 31 marzo 2017.  

Fatturato Manchester United modello di business, gli sponsor

Spinto in particolar modo dai ricavi commerciali: basti pensare all’impatto delle sponsorizzazioni, con Adidas e Chevrolet che valgono rispettivamente il 14,1% e l’11,4% del fatturato complessivo. Senza considerare che, in questi giorni, lo United sta trattando una sponsorizzazione di maglia con Tinder per 12 milioni di sterline, cifre che in Italia in pochi ricevono per lo sponsor principale.

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Il peso dello sponsor di maglia per lo United

In sostanza, gli anni di transizione sportiva, con piazzamenti al posto di vittorie, non hanno finora scalfito l’appeal commerciale del brand Man Utd. La‎ strategia di marketing ha del resto creato, nel corso di decenni, un marchio molto resiliente e capace di attrarre nuove partnership. Un modello americano, con un tycoon che gestisce il club come un’impresa di entertainment a caccia di profitti (non a caso, dopo i 30 milioni in due anni, arriveranno altri dividendi). E una strategia, così, capace di aumentare i ricavi e far crescere il valore del club: nel 2005 valeva 1,1 miliardi di euro, oggi ne vale 3,1.

 

 

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