Qualcuno dice che potrebbe essere solo un anno sabbatico, in attesa di trovare la quadra per mettere in piedi un nuovo club.
Il dato di fatto al momento è che l’Ancona è arrivata al capolinea. Dopo una lunga crisi la società non si iscriverà al prossimo campionato.
Finisce così anche il progetto “Sosteniamolancona”, creato nei tifosi inizialmente come gruppo di minoranza e dal 2015 a controllo della società con l’86% delle quote.
Lo scorso 26 luglio era stata annunciata la rinuncia all’iscrizione al campionato di Serie D, dove l’Ancona avrebbe dovuto militare nella stagione 2017/18 dopo la retrocessione dalla Lega Pro, ma nei scorsi giorni sono andate in fumo anche le trattative per la cessione delle quote ad una cordata di imprenditori locali.
Troppo il passivo di 2 milioni di euro.
Torna così in discussione il modello dell’azionariato popolare nel calcio. E non solo in Italia.
Uno dei club più citati in tal senso, l’FC United of Manchester, è sempre al centro di una profonda crisi finanziaria. Al punto che in questa stagione si è deciso di chiedere ai sostenitori di sottoscrivere abbonamenti a lungo termine proprio per aumentare gli incassi.
Un palliativo che non convince fino in fondo.
Guai finanziari all’FC United of Manchester: “buco” da coprire entro giugno
Dopo aver teorizzato per anni di poter farsi da sè la propria società, i tifosi ex Red Devils si sono accorti che il calcio a certi livelli costa, e parecchio. E il non poter investire per la crescita pesa.
L’azionariato popolare, insomma sembra dover rimanere relegato ad un livello minore del calcio.
Di cosa parliamo quando parliamo di azionariato popolare nel calcio
In una recente analisi di calcioefinanza.it sul tema arrivammo a due conclusioni.
Due, probabilmente, le eccezioni che rendono questo modello sostenibile e di successo: il primo riguarda la storia. Il fatto che il club affondi le radici nel passato, in un calcio non finanziarizzato come quello di adesso che quindi ha permesso di crescere nel tempo senza l’assillo di essere sempre in vetta.
Qui il riferimento è ai grandi club spagnoli come Real Madrid e Barcellona, che pur con tutti i distinguo del caso (decisivi) sono retti da una assemblea dei soci.
Il secondo riguarda le dimensioni del club, che può decisamente prescindere dagli apporti dei soci (che pure costituiscono una delle voci interessanti delle entrate) alla luce di un fatturato tra i più importanti al mondo.
In mancanza di queste condizioni l’impressione è che i club di calcio difficilmente siano gestibili con l’azionariato popolare, almeno per quanto riguarda i livelli massimi del calcio.