La parola fine sulla storia del Modena calcio e dei suoi 105 anni è arrivata ieri a Santarcangelo di Romagna.
La squadra non si è presentata, neanche con la Berretti, che non ha accolto la richiesta avanzata sabato sera dal nuovo proprietario del club, Aldo Taddeo, che chiedeva quella presenza per evitare la quarta rinuncia, quella decisiva per l’esclusione dalla Serie C, visto lo sciopero della prima squadra per il mancato pagamento degli stipendi.
Così all’arbitro Andrea Colombo non è restato altro da fare che aspettare 45 minuti dopo le 18.30, orario d’inizio di una partita che non si è mai svolta. Allo stadio non c’era nessuno: riflettori spenti, solo gli steward a presidiare un’entrata dalla quale sono passati solo il Santarcangelo, l’arbitro e i guardalinee.
Il giudice sportivo potrebbe anticipare a oggi le sue decisioni (si gioca mercoledì) e stabilire la radiazione del Modena, mentre sempre oggi Taddeo dovrebbe presentare istanza di fallimento della società.
A questo punto il Modena tornerà poi nelle mani del sindaco, che avrà otto mesi per trovare una soluzione, si ripartirà comunque dalla D grazie al Lodo Petrucci.
Senza i 5 milioni di debiti. Senza l’antico stemma, l’antica denominazione. Senza Aldo Taddeo, l’ultimo proprietario, l’imprenditore che aveva rilevato il club da Antonio Caliendo durante l’estate e che ha rifiutato, anche nelle ultime ore, almeno due tentativi di salvataggio.
Uno, la proposta dell’Azionariato popolare di Andrea Gigliotti: «La nostra idea era seria e concreta, avremmo fatto sacrifici in prima persona ma almeno avremmo garantito al club di tenere alta la testa. Ma in Italia progetti come il nostro sono destinati a fallire sempre, e invece, come accade in Spagna e in mille altri posti al mondo, è questo l’unico futuro del calcio». L’altro, una trattativa lampo con Carmelo Salerno, non è mai decollato.