Rischio fallimento Palermo – Un passivo di 70 milioni di euro rischia di fare fallire il Palermo. Il futuro della società rosanero, come evidenzia l’edizione di Palermo di Repubblica, è appeso a due partite che si stanno giocando in contemporanea.
Una, in procura, riguarda le sei ipotesi di reato contestate agli otto indagati dall’aprile scorso e l’altra davanti alla sezione fallimentare del tribunale di Palermo dove venerdì è stata depositata l’istanza di fallimento per l’Unione Sportiva Città di Palermo Spa.
Due rami di una stessa indagine strettamente legati fra loro che nascono dalla relazione presentata dalla guardia di finanza sulle migliaia di documenti sequestrati nella sede del club e delle altre società riconducibili a Maurizio Zamparini.
Rischio fallimento Palermo, l’istanza della Procura
In sette mesi di indagini il nucleo tributario della guardia di finanza di Palermo ha passato al setaccio i conti della società relativi al periodo compreso fra il 2013 e il 2015. E nella relazione presentata al procuratore aggiunto Salvatore De Luca e ai sostituti Francesca Dessì, Andrea Fusco e Dario Scaletta i debiti del Palermo ammonterebbero a settanta milioni di euro.
Una cifra che mette insieme tutte le voci passive dei bilanci presi in esame: esposizioni bancarie, debiti con l’erario e con i fornitori. Un rosso che per una società di calcio potrebbe non essere considerato così eccessivo, ma che nel caso del Palermo rischia di diventare un ostacolo insormontabile.
Il timore da parte della procura è che la società di viale del Fante non sia solvibile e dunque la decisione è stata presa per tutelare i creditori.
L’istanza è arrivata sul tavolo del presidente della sezione fallimentare del tribunale palermitano Giovanni D’Antoni. Il passo successivo, adesso, sarà fissare la data della prima udienza per capire quale sarà il futuro del Palermo. Una scadenza che non potrà andare oltre i 45 giorni dalla presentazione dell’istanza avvenuta venerdì scorso.
Rischio fallimento Palermo, l’indagine dei magistrati siciliani
A rendere questi 70 milioni una cifra sufficiente a portare i libri contabili in tribunale sarebbero le conseguenze delle condotte illecite ipotizzate a vario titolo dalla Procura a carico di Maurizio Zamparini, di suo figlio Diego Paolo, dell’ex presidente del collegio sindacale del club rosanero Anastasio Morosi, della segretaria di Zamparini Alessandra Bonometti, e poi di Domenico Scarfò, Rossano Ruggeri,il presidente e il consigliere delegato di Alyssa, la società riconducibile a Zamparini che ha acquistato la MePal e il marchio rosanero, del belga Luc Braun e del lussemburghese Jean Marie Poos.
Sei le ipotesi di reato contestate: appropriazione indebita, riciclaggio, impiego di fondi di provenienza illecita, autoriciclaggio, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e falso in bilancio aggravato dalla transnazionalità.
Il sospetto di chi indaga è che siano stati adottati degli artifizi contabili per bilanciare le passività e occultare dei fondi. Come nel caso dell’Alyssa, la società lussemburghese proprietaria del marchio dell’Unione Sportiva Città di Palermo.
In dieci anni il valore del logo rosanero fra leasing e cessioni ha fruttato quasi novanta milioni di euro che risultano sui bilanci e che dovrebbero anche essere entrati nelle casse della società di viale del Fante.
A cominciare dai 30 milioni del leasing di nove anni stipulato nel 2006 con la Locat Spa (diventata poi Unicredit Leasing spa), passando per la prima cessione del marchio nel giugno del 2014 dal Palermo alla società controllata MePal per 17 milioni di euro.
Fino all’ultima cessione dell’intera MePal, marchio compreso, per 40 milioni di euro nel giugno 2016. Un’operazione che ha generato, in bilancio, una plusvalenza di 22 milioni di euro.
Una strategia come quella del marchio, che secondo la Procura sarebbe stata messa in atto insieme ad altre, per mascherare l’effettiva portata del debito e la capacità di ripianarlo.
Rischio fallimento Palermo, la difesa di Zamparini e del club
«Sono allibito – scrive Zamparini in una lettera aperta – La gestione del Palermo è sana, come testimoniato dall’ultimo bilancio approvato da una società di certificazione. Il Palermo calcio ha dei debiti con società che fanno capo alla mia famiglia per l’aiuto economico dato alla gestione economica del club».
La mossa della Procura è stata commentata anche dall’attuale presidente del club rosanero, Giovanni Giammarva.
«A prescindere dall’evidente turbamento causato dalle notizie che in questo periodo si susseguono e che continuano ad incidere negativamente sulle pendenti trattative di cessione della Società, sull’imminente inizio della campagna trasferimenti e, non ultimo, sul potenziale rendimento della squadra, l’U.S. Città di Palermo ritiene che questa sia l’occasione per potere finalmente chiarire all’opinione pubblica la reale situazione patrimoniale e finanziaria della Società, rispondendo a tutte le contestazioni mosse dall’Autorità giudiziaria», ha affermato Giammarva in una nota pubblicata sul sito del Palermo.
«La contabilità della società – aggiunge – risulta essere in ordine, con un utile di esercizio al 30 giugno scorso di 4 milioni di euro, con un bilancio soggetto alla verifica della Covisoc – organismo di vigilanza istituzionalmente deputato – e già certificato dalla società di revisione che non ha rilevato alcuna anomalia. Inoltre, è stato verificato che la solidità e la capacità patrimoniale dell’U.S. Città di Palermo risulta di gran lunga superiore alla maggior parte delle società sportive di Serie A».