Ripartizione diritti tv Serie A. Con l’approvazione della Legge di Bilancio le modifiche alla Legge Melandri voluta dal ministro Lotti è passata a tutti gli effetti.
Aumenta la quota fissa, uguale per tutti. Resta invariata, nel suo complesso, la percentuale attribuita ai risultati del campo, ma muta la ripartizione interna: finora, l’ultima stagione pesava per il 5%, le ultime cinque per il 15%, tutto il passato del club per il 10%.
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L’altra novità riguarda il peso dei tifosi: il concetto di “radicamento sociale” sostituisce quello di “bacino d’utenza”. In origine l’incidenza del pubblico era del 30%: il 25% in base a indagini demoscopiche, il 5% in relazione alla popolazione della città. Adesso la platea vale solo il 20% e sarà calcolata tenendo presente il pubblico effettivamente pagante allo stadio nelle ultime tre stagioni “nonché in subordine l’audience televisiva certificata”.
Come riportato da Affari & Finanza, servirà un decreto di Palazzo Chigi per determinare, in concreto, i sistemi di calcolo dei nuovi parametri. Ma fra i club è già battaglia: le grandi temono di veder ridotta sensibilmente la propria fetta.
Ripartizione diritti tv Serie A, come cambia il calcolo delle graduatorie
Dagli uffici del ministero le big della Serie A hanno avuto indicazioni che la compilazione delle graduatorie parziali – quella del merito e quella degli ascolti – secondo i criteri che verranno definiti dal decreto governativo non avverrà più su base 20 (il numero delle squadre del campionato), ma su base 50, con nuovi coefficienti che daranno maggior peso alle prime posizioni rispetto alle ultime. Un po’ come quando la Formula Uno ha adottato il nuovo sistema di punteggio, che scava un solco più ampio fra il primo e il secondo posto e soprattutto fra il primo e l’ultimo arrivato o il non classificato. Un altro elemento “premiante” per chi porta risultati migliori e pubblico alle tv.
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Il riferimento all’audience però non ha fatto felici tutti. Anzi. E qui bisogna tornare al nuovo bando approvato giovedì. Secondo gli accordi, 8 squadre saranno trasmesse su tutte e 3 le piattaforme. Altre 12, su una soltanto. La Roma, che è tra le 12 che andranno in esclusiva, ha sollevato la questione insieme all’Udinese: sarebbe svantaggiata. Inoltre, c’è il problema delle fasce orarie: giocare da soli alle 20.45 porta più contatti che farlo alle 15 in contemporanea con altre 4-5 partite. E andare in campo di venerdì, di lunedì, o alle 12 cambia ancora. Serve un algoritmo che calcoli tutte le variabili. Ma chi lo svilupperà? Il governo o la stessa Lega Serie A?
Ripartizione diritti tv Serie A, il criterio dell’audience
Il criterio prevalente sull’audience resta quello delle presenze allo stadio. I numeri della stagione sono incoraggianti: da quasi dieci anni non c’era tanta gente a seguire le partite dal vivo. La media del girone d’andata è stata di 24.579 spettatori per gara. Per avere un dato migliore bisogna andare al 2008-2009, quando il totale di paganti e abbonati era di 24.825.
L’incremento si spiega con le grandi aspettative intorno alle milanesi, le grandi assenti dalla lotta al vertice nelle ultime stagioni. L’Inter di Spalletti ha guadagnato più del 30% di presenze rispetto all’ultimo campionato e con 58mila spettatori di media guida la classifica. E anche il Milan, in estate, con una campagna acquisti ambiziosa, ha riconquistato gli abbonati e viaggia costantemente oltre quota 50mila, nonostante i risultati sul campo poi deludenti. Curiosamente in questa classifica la Juventus è solo quarta, nonostante sia di gran lunga la squadra italiana con più tifosi e simpatizzanti e la prima per audience tv.
Se si distribuiscono i diritti televisivi bisogna valutare l’audience televisivo. Le presenze allo stadio non significano nulla. Sono cose diverse.
“Curiosamente in questa classifica la Juventus è solo quarta, nonostante sia di gran lunga la squadra italiana con più tifosi e simpatizzanti e la prima per audience tv”.
Significa che la Juventus prenderà meno soldi di almeno altre 3 squadre che hanno meno tifosi. Toglierei la parola “curiosamente”, è stato fatto apposta, partorito dalla mente sovietica di Lotti, Ministro senza voti ma con tanta arroganza.
Mettere tra i criteri le presenze allo stadio può avere senso per ripopolare gli stadi e magari abbassare il prezzo dei biglietti. Però finisce per diventare simile al vecchio criterio del numero di abitanti della città, visto che la capienza degli stadi è parametrata proprio alla grandezza della città. Quindi milanesi e romane sarannno sempre avvantaggiate. Io metterei la percentuale di riempimento, che incentiva sempre le squadre a riempire lo stadio ma non danneggia le piazze minori con uno stadio più piccolo.
I nuovi coefficienti vediamo come li calcolano ma se premiassero di più le prime sarebbero una cosa positiva per attutire l’impatto negativo della riforma sulla Juve.