Aiuti di Stato nel calcio – Nel maggio 2017 il consiglio comunale di Rotterdam ha approvato il progetto per la costruzione del nuovo stadio del Feyenoord.
Sorgerà vicino all’attuale De Kuip, avrà una capienza di 63 mila posti e dovrebbe essere pronto per l’inizio della stagione 2022-2023. Costerà tra i 300 e i 400 milioni di euro e parte della spesa sarà sostenuta dalla città attraverso l’acquisto e il successivo affitto del terreno al club, la rilevazione di quote nella gestione dell’impianto e il finanziamento di alcuni lavori strutturali.
I costi rimanenti verranno colmati da investitori privati, senza alcun contributo del Feyenoord che assumerà solamente il ruolo di locatario. Lo stadio sarà destinato principalmente al calcio, ma la probabile presenza di un tetto retrattile lascia pensare che possa essere utilizzato anche per altri scopi.
La partecipazione attiva del comune di Rotterdam nella vicenda enfatizza quello che da oltre vent’anni è un atteggiamento tipico degli enti locali in favore delle rispettive squadre. Si tratta di una tendenza che in passato ha avuto risvolti controversi, tanto da richiedere l’intervento della Commissione europea, attualmente regolata da una serie di normative che fissano dei paletti specifici nel rapporto tra la politica locale e il calcio.
Aiuti di Stato nel calcio professionistico – La rilevazione di KPMG
Nel 2003 la società di consulenza KPMG ha pubblicato un’analisi sul legame tra le amministrazioni locali e le società professionistiche olandesi. Dal report emergeva come tutti i 33 comuni posti sotto indagine fossero legati a transazioni con le rispettive squadre di prima e seconda divisione per un totale di 306 milioni di euro.
Si trattava di donazioni, prestiti e garanzie concessi tra il 1992 e il 2002: nell’80% dei casi destinati a finanziare i costi di affitto o manutenzione degli stadi, nel restante 20% rivolti a sovvenzionare direttamente gli stessi club.
Il rapporto giungeva a un anno di distanza dalla lettera inviata dalla Commissione europea al Ministero degli Affari interni olandese, nella quale veniva chiesto alle municipalità di rispettare le regole del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) riguardanti il sostegno finanziario alle società professionistiche.
Queste normative vietano – a meno di particolari deroghe – di utilizzare i cosiddetti aiuti di Stato, ovvero un vantaggio conferito in modo selettivo dalle autorità pubbliche nazionali alle imprese (comprese quindi le squadre di calcio, produttrici di attività economica) che minaccia di falsare la concorrenza e alterare il mercato interno.
I funzionari olandesi si erano giustificati scrivendo che «i fondi erogati dai comuni per impedire il fallimento dei club, o per sostenere i costi di ristrutturazione degli stadi, non erano aiuti di Stato e non avevano quindi necessità di essere notificati all’Esecutivo Ue».
Le motivazioni non avevano però convinto la Commissione, rimasta inamovibile sulla sua posizione: quei fondi erano classificabili come aiuti di Stato ed erano stati forniti violando le normative europee.
Aiuti di Stato nel calcio – La normativa olandese
In tutta risposta il governo olandese emanò nel maggio 2004 il Quadro di riferimento nazionale per il supporto di club professionistici, un documento redatto insieme al Ministero dello Sport, all’Associazione dei Comuni olandesi (VNG) e alla KNVB, la Federazione calcistica dei Paesi Bassi.
Lo scopo era fornire indicazioni in merito alla decisione di concedere o meno risorse economiche alle società, partendo dalla considerazione che queste ultime sono responsabili della loro gestione finanziaria.
Ai comuni veniva raccomandato di agire solo per scongiurare il rischio di aiuti illegali da terze parti. La normativa suggeriva una serie di safe zones nelle quali era permesso offrire supporto finanziario, da notificare alla Commissione europea ogni qualvolta rientrasse nell’articolo 107 del TFUE.
Al suo interno si stabiliva in generale l’incompatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno, ma venivano anche spiegate le eccezioni tollerate e i tipi di aiuto che possono essere considerati legittimi.
Le safe zones cui si fa riferimento riguardavano la possibilità per i comuni di intervenire in opere di ristrutturazione degli stadi a patto che gli stessi fossero di loro proprietà, come normalmente accade in Olanda, multifunzionali e non destinati esclusivamente al calcio.
Un secondo escamotage consentiva di immettere capitale nelle squadre a rischio bancarotta o negli impianti secondo criteri che vadano a beneficio dell’intera comunità in considerazione del valore sociale e culturale dello sport. Il fine, in questo caso, era preservare l’economia circostante, evitando che la struttura – comprese le attività collaterali ad essa collegate nei giorni delle partite (pub, chioschi, bancarelle) – rimanesse inutilizzata perdendo di valore in caso di fallimento del suo principale fruitore.
Una situazione, quest’ultima, che si è finora riproposta più volte, portando al salvataggio di società in difficoltà economiche come Vitesse e Utrecht.
Nel primo caso il comune aveva optato per la quasi totale remissione di un debito da 8 milioni di euro; nel secondo, invece, aveva offerto un prestito a tasso agevolato da 25 milioni di euro a un’impresa di costruzioni che aveva poi acquisito il Galgenwaard Stadion, terminandone le opere di riammodernamento ed evitando la bancarotta.
Un altro margine di azione riguardava i fondi messi a disposizione per strutture pubbliche destinate alla formazione e all’educazione sportiva dei giovani atleti che non costituiscono quindi aiuto di Stato.
E’ capitato inoltre che le società mostrassero riconoscenza verso le città di appartenenza aggiungendone il nome nel logo e sulle maglie (city branding), come successo al Nac nel 2003, scampato al fallimento grazie alle istituzioni locali di Breda che ne avevano comprato lo stadio per 12 milioni di euro.
Discorso simile per il MVV Maastricht, la cui municipalità aveva rinunciato ad un credito di 1,7 milioni di euro mediante un accordo di ristrutturazione finanziaria e aveva acquistato l’impianto al prezzo di 1,8 milioni per attribuire liquidità.
Aiuti di Stato nel calcio – Le spese dei comuni in Olanda
Nello specifico, la sostenibilità del calcio olandese è un tema che coinvolge quattro stakeholders: i tifosi, principali destinatari del prodotto calcistico, gli azionisti o proprietari dei club, registrati come “società a responsabilità limitata” o compagnie private, gli sponsor e infine le municipalità, che si interessano dei propri club investendovi denaro.
Il più recente dato disponibile rivela come nell’ultimo decennio la spesa complessiva abbia raggiunto i 240 milioni di euro.
All’interno di questa lista rientrano i 15 milioni messi a disposizione dall’amministrazione di Groningen per l’Euroborg, inaugurato nel 2006, oppure i 34 milioni di prestiti totali erogati dalle città.
Si tratta comunque di una strategia non priva di rischi, dal momento che un eventuale tracollo economico di una squadra porterebbe a perdite milionarie per i bilanci delle amministrazioni.
Aiuti di Stato nel calcio – Le conseguenze della sentenza Bosman
Questo particolare rapporto di dipendenza tra calcio e politica locale è stato agevolato dalle conseguenze della sentenza Bosman, emanata dalla Corte di giustizia Ue il 15 dicembre 1995, che consentì a tutti i calciatori cittadini dell’Unione europea di trasferirsi liberamente da una formazione all’altra al termine del contratto, firmando eventualmente un pre-contratto con un club nei sei mesi precedenti la scadenza di quello in vigore.
Venne inoltre stabilito che il limite di giocatori stranieri ingaggiati, restrizione all’epoca in vigore in molti Paesi, avrebbe dovuto escludere quelli comunitari, evitando discriminazioni tra cittadini di paesi europei.
Da lì in avanti, i club olandesi sono stati incapaci di trattenere i nomi più promettenti, e in generale molti atleti sono partiti a parametro zero, impedendo alle società di incassare il prezzo del loro cartellino.
Si è poi innescata una spirale di cattive gestioni societarie – acuita anche dalla sproporzione tra le entrate e le spese per i trasferimenti e gli stipendi dei calciatori – che ha portato a un periodo di crisi per diverse realtà, solitamente di piccole o medie dimensioni, al quale non sempre i proventi dei diritti Tv hanno saputo porre rimedio.
In base all’ultimo accordo siglato nel 2012 tra Fox e la Eredivisie, ciascuna partecipante riceve in media 80 milioni di euro all’anno, per un totale di un miliardo fino al 2024, in netto aumento rispetto ai soli tre milioni di dieci anni fa.
Dal momento che i costi per riammodernare o edificare uno stadio spaziano da circa 20 a 100 milioni di euro, molte imprese private preferiscono non investire in questo genere di progetti ritenuti poco profittevoli.
Al contrario, invece, gli impianti rivestono un ruolo cruciale agli occhi degli enti locali, che in essi vedono un mezzo per rimarcare la grandezza sportiva della città e la possibilità di sfruttarli per creare nuovi posti di lavoro, stimolare l’economia e migliorare l’immagine della comunità.
È quanto successo, per esempio, con l’Amsterdam Arena, conseguenza di un accordo tra il comune di Amsterdam e i Lanceri nell’ambito di un progetto di sviluppo urbano e di espansione commerciale.
La presenza dei comuni tra i finanziatori consente inoltre di diminuire i pericoli legati alla gestione troppo passionale di investitori privati, spesso tifosi privi di capacità di management, che tendono a sfruttare la loro posizione in maniera eccessivamente autoritaria per imporre le proprie visioni e senza assumersi le responsabilità che ne conseguono.
Aiuti di Stato nel calcio – Il sistema delle licenze in Olanda
Allo scopo di fronteggiare queste problematiche e salvaguardare l’integrità del gioco, la KNVB ha deciso di irrigidire le norme che danno accesso alla licenza.
Una prima commissione indipendente venne allestita nel 2003 al fine di valutare il benessere finanziario di ciascun club, pena il ritiro della licenza stessa, la multa, o la detrazione di punti in classifica.
Nello stesso anno, a 30 delle 34 iscritte alle prime due divisioni furono riscontrate delle irregolarità, e soltanto l’azione dei comuni e degli imprenditori locali consentì di ottemperare alle richieste della federazione.
Stando all’ultima modifica del sistema effettuata nel 2008 ed entrata in vigore due anni dopo, ogni squadra deve presentare informazioni sulle proprie finanze a novembre, marzo e giugno, includendo anche tutta la contabilità dell’anno precedente e dei sei mesi di quello a venire.
In base ai risultati, ognuna viene inserita all’interno di tre categorie: insufficiente, sufficiente, buono. Nel 2010 soltanto 6 delle 37 partecipanti alla Eredivisie e alla Eerste Divisie erano in salute dal punto di vista finanziario, mentre il denaro investito indirettamente dalle città nei cinque anni precedenti aveva raggiunto i 300 milioni di euro.
Aiuti di Stato nel calcio – L’intervento della Commissione europea
Nonostante la KPMG avesse già fatto notare parecchio tempo prima le transazioni anomale tra comuni e club, si è dovuto aspettare il 2013 perché la Commissione europea si interessasse in modo concreto agli aiuti di Stato verso società professionistiche, avviando indagini formali in relazione ad una serie di misure a favore di sette squadre spagnole (tra cui Real Madrid, Valencia e Barcellona) e cinque olandesi.
Nel caso specifico veniva segnalato a Den Bosch, MVV Maastricht, NEC Nijmegen e Willem II Tilburg di aver ricevuto dai propri enti sussidi in violazione della normativa comunitaria, mentre al PSV Eindhoven si contestava la vendita dei terreni su cui sorgono il Philips Stadion e il centro sportivo – strutture in seguito riaffittate allo stesso club – per 48 milioni di euro.
La Commissione europea ha poi concluso che gli aiuti di Stato rispettavano le norme comunitarie in materia: si trattava – in conformità con gli Orientamenti del 2004 – di squadre in difficoltà economiche e con una reale prospettiva di salvataggio, che avevano elaborato particolari accorgimenti per eliminare o alleviare le distorsioni della concorrenza causate dall’utilizzo di fondi statali.
FC Den Bosch, MVV Maastricht, NEC e Willem II avevano infatti avviato un piano di ripristino dei debiti, cercando di diminuire il numero di calciatori e dipendenti. Nel caso del PSV è stato invece stabilito che la transazione tra i due enti era avvenuta a condizioni accettabili per un investitore di mercato.
Aiuti di Stato nel calcio – il rapporto tra municipalità e club in Olanda
Al di là dell’esito di questa indagine, l’aspetto più interessante dell’intera vicenda riguarda la forte commistione tra squadre e municipalità olandesi che non ha probabilmente eguali in Europa. Dal 1996 al 2011 non esisteva società nei Paesi Bassi che non fosse stata supportata finanziariamente con fondi statali per oltre un miliardo di euro.
Dal 2003 le città non sostengono più direttamente i club professionisti, ma continuano a salvaguardarne l’integrità con una serie di misure votate alla sopravvivenza a lungo termine.
Dai dodici economicamente vulnerabili del 2015 si è scesi ai soli cinque del 2017, segno dell’efficacia dei provvedimenti adottati dalla KNVB e dell’impegno congiunto di comuni e squadre per rientrare all’interno di questi parametri.
È un modello di business che ha finora salvato intere realtà – e con esse l’appeal della città – contribuendo a garantire una buona sostenibilità al calcio olandese come forse si era mai vista negli ultimi anni.