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Milan, il nodo del rifinanziamento dietro il no della Uefa al settlement

Voluntary agreement Milan
Yonghong Li tra David Han Li e Marco Fassone (Insidefoto.com)

Perché la Uefa ha bocciato il settlement agreement del Milan? E’ questa la domanda che molti tifosi del diavolo si stanno ponendo dopo che la Camera Investigativa dell’Organo di Controllo Finanziario dei Club Uefa (Investigatory Chamber) ha rifiutato la proposta di settlement agreement avanzata dal club guidato da Marco Fassone.

Alla vigilia della decisione si pensava infatti che l’impegno, messo nero su bianco e presentato alla Uefa, con cui il fondo Elliott si era impegnato «a far fronte a qualsiasi eventuale criticità ci dovesse essere nel rifinanziamento», potesse servire ad ottenere da Nyon il patteggiamento per lo sforamento dei vincoli del Fair Play Finanziario.

Se infatti dal punto di vista economico (la differenza tra ricavi e costi) i conti del Milan non possono certo considerarsi brillanti (l’esercizio 2017-2018, per ammissione dello stesso Fassone, dovrebbe chiudere con un rosso per 80 milioni), i nuovi target indicati dal management in occasione dell’assemblea del 2 maggio (e presumibilmente indicati anche all’Uefa) sembrerebbero essere più realistici di quelli presentati nei mesi scorsi (-55/60 milioni nel 2019 e pareggio nel 2020) e dunque alla portata del club.

E anche dal punto di vista patrimoniale (l’attivo a fronte del debito) la situazione è sicuramente migliore rispetto ai giorni del closing. La rosa (che è l’unico vero asset del Milan assieme al marchio), per quanto la stagione non si stata all’altezza delle aspettative della scorsa estate, non sembra essersi particolarmente svalutata (444 milioni secondo Playratings e 383 milioni secondo Transfermarkt) e il debito finanziario (i 180 milioni verso Elliott) è, a detta di tutti gli esperti, sostenibile.

Per fare un esempio l’Inter di Thohir quando siglò il settlement agreement si trovava in una situazione molto simile a quella del Milan attuale (veniva da anni di importanti perdite di bilancio) e aveva un debito finanziario leggermente più elevato (220 milioni) rispetto a quello attuale del Milan.

Eppure in quell’occasione la Camera Investigativa dell’Organo di Controllo Finanziario dei Club Uefa concesse ai nerazzurri il settlement agreement.

Il nodo del rifinanziamento

Allora perché la Uefa ha bocciato il settlement agreement del Milan?

Nel comunicato, con cui è stata annunciata la decisione, la Camera Investigativa (che non è un organo giudicante, ma è come se fosse l’accusa in un processo) ha specificato che «permangano ancora incertezze sul rifinanziamento del prestito e sul rimborso delle obbligazioni da effettuare entro ottobre 2018».

E’ la stessa motivazione con cui lo scorso dicembre è stata bocciata la richiesta di voluntary agreement presentata dal Milan.

Allora Fassone aveva affermato che il rifinanziamento ci sarebbe stato in primavera, in tempo utile per ottenere il settlement agreement. Cosa che invece non è accaduta.

Allo stesso modo, lo scorso 13 aprile l’ad del Milan aveva fatto sapere che sul tavolo di Yonghong Li c’erano tre proposte per il rifinanziamento. Per poi ribadire in assemblea lo scorso 2 maggio che la decisione su quale strada seguire per il rifinanziamento sarebbe stata presa nell’arco di 30-40 giorni.

Dunque dopo la data fissata dalla Uefa per il pronunciamento sulla proposta di settlement agreement.

I dilemmi di Yonghong Li

Ma perché si è arrivati a questa situazione?

Il debito finanziario del Milan, a detta di tutte le banche d’affari che hanno guardato il dossier in questi mesi, appare rifinanziabile senza particolari problemi, seguendo uno schema simile a quello usato dall’Inter a dicembre con il bond curato da Goldman Sachs.

Diverso è il discorso per il debito della holding Rossoneri Sport Investment Luxembourg, che entro ottobre deve restituire ad Elliott 180 milioni più gli interessi.

A questo piano della catena di controllo nessuno, almeno finora, sembra essere disponibile a concedere a Yonghong Li un altro prestito di tale importo o superiore per rimborsare Elliott e allungare la scadenza.

Allo stesso tempo, almeno per ora, non sembrano esserci margini per coinvolgere in Rossoneri Sport altri investitori finanziari o industriali in grado di apportare le risorse necessarie per rimborsare Elliott.

Teoricamente il rifinanziamento del Milan potrebbe essere portato avanti a prescindere da quello della holding. Ma non sembra essere questa la posizione di Yonghong Li.

Il destino del Milan e della Rossoneri Sport, per ora, sono fatalmente intrecciati e ciò ha impedito al club di procedere al rifinanziamento del proprio debito, finendo per essere bocciato una seconda volta da parte della Uefa.

L’esclusione dalle coppe non è scontata

Che cosa succederà?

Entro metà giugno la Camera giudicante dell’Organo di Controllo Finanziario dei Club Uefa (che è l’organo giudicante in materia di Fair Play Finanziario) dovrà esprimersi sul deferimento del Milan chiesto dalla Camera Investigativa.

In base al regolamento sul Fair Play Finanziario la Camera giudicante può prendere le seguenti decisioni:

  • Chiudere il caso
  • Accettare o rifiutare l’ammissione del club alla competizione UEFA per cui il club ha fatto domanda
  • Imporre altre misure disciplinari
  • Respingere o modificare la decisione della Camera investigativa

Sulla carta dunque il Milan avrebbe ancora qualche possibilità per evitare un giudizio negativo da parte della Camera giudicante. Ma questa possibilità passa dal rifinanziamento del debito o, in alternativa, da un cambiamento negli assetti proprietari all’insegna di una maggiore solidità.

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2 COMMENTI

  1. Marco Spinelli.Se l’Uefa impedisce al Milan di giocare l’Europa League sul piano sportivo gli fa un grandissimo favore.Alla resa dei conti giocare nell’Europa B è solo un cattivo affare, pochi emolumenti e un dispendio di energie che poi si ripercuote in Campionato.Se avviene questa bocciatura da parte dell’Uefa si arriverà prima a definire un assetto societario più consono all’AC Milan,questa mazzata dell’organismo che governa il Calcio europeo non deve essere vissuto come una iettatura ma come il primo passo verso una rinascita del Vecchio Diavolo.

  2. Per suffragare la tua tesi, potremmo elencare i risultati sportivi dell’AC Milan nelle stagioni dal 2014 al 2017, nelle quali la società aveva preferito evitare di disputare questi degradanti tornei europei.

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