Il mondo del pallone è in fermento. La decisione del ministro del lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, di vietare le sponsorizzazioni delle squadre da parte delle società di scommesse, è considerata come uno sgambetto in grado di mettere in ginocchio l’ intero sistema calcio. E’ quanto riporta Il Messaggero.
«Una misura inaccettabile», dice il presidente del Genoa Enrico Preziosi. «Dove si mira? A tagliare le risorse al sistema», ragiona l’ imprenditore di Giochi Preziosi.
Per Claudio Fenucci, amministratore delegato del Bologna, il divieto di sponsorizzazioni che dovrebbe entrare nel decreto dignità del governo, è «una follia. Il calcio», spiega, «perderebbe immediatamente 100 milioni di euro di risorse». E si tratterebbe del danno minore, perché il mancato incasso di quei soldi «metterebbe a rischio tutta la filiera».
Il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, parla di un «provvedimento che sa di populismo, che trasformerebbe l’ Italia in una enclave con il rischio del ritorno al toto nero». Ma la preoccupazione è soprattutto sulla tenuta del sistema.
Secondo il ReportCalcio della Figc, citato oggi dalla Gazzetta dello Sport, in Serie A su un totale di 681 accordi di sponsorizzazione il 2% riguarda il betting.
All’estero l’incidenza maggiore si registra in Inghilterra (8%) e Turchia (9%) e nelle dieci top league si contano 23 sponsor di maglia del settore.
Al momento in Serie A nessuna squadra ha una società di scommesse come jersey sponsor ma la metà dei club vanta accordi commerciali che vanno dalla cartellonistica allo stadio alle campagne di marketing con i calciatori.
Per un club medio si tratta di contratti che oscillano tra 500mila e un milione di euro, ovviamente di più per le big. La Lega sta studiando l’ impatto che lo stop alle pubblicità provocherebbe sui bilanci delle società di A.
Un’analisi pubblicata ieri dall’agenzia specializzata Agimeg, ha ricordato come nella Premier League inglese, la Lega calcio più ricca e seguita al mondo, il 45% dei club ha una società di gaming on line come sponsor sulla maglia, tutte hanno i cartelloni al led degli stadi con gli spot delle società di gioco, e tutte hanno accordi con le compagnie di scommesse. Il giro d’ affari è notevole.
Eliminare le sponsorizzazioni, come vorrebbe fare il decreto dignità, trasformerebbe il campionato di calcio italiano in un campionato minore.
Per adesso il decreto dignità, che contiene la norma sui giochi, si è arenato al ministero dell’ Economia. La Ragioneria generale dello Stato ha sollevato il problema della copertura delle norme che Di Maio vorrebbe inserire nel provvedimento, compresa quella sui giochi. Secondo le simulazioni dei tecnici di via XX settembre, comporterebbe una riduzione di gettito di oltre 200 milioni l’ anno.
In realtà c’ è anche da capire la compatibilità delle norme con i dettati comunitari. Cosa accadrà, per esempio, quando una squadra inglese con sulla maglietta lo sponsor di una società di betting dovrà gareggiare con una squadra italiana? La partita potrà essere trasmessa? La bozza di decreto messa a punto da Di Maio, prevede una sanzione del 5% del valore della sponsorizzazione, con un minimo di 50 mila euro.
Più che un divieto, in realtà, in questo modo sembrerebbe quasi una tassa sulle pubblicità dei giochi. Basterebbe pagare il 5% allo Stato per continuare a fruire della sponsorizzazione delle società di scommesse? C’ è ancora un altro aspetto da considerare. Le società di scommesse che hanno una concessione da parte dei Monopoli di Stato (il cosiddetto «gioco legale»), non potranno fare nemmeno pubblicità on line, mentre i vari Google, Facebook, etc, potranno liberamente raccogliere le inserzioni dei bookmaker esteri non autorizzati in Italia, con il rischio di spostare raccolta all’estero.