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Tifosi Parma al Tardini Tardini (foto Insidefoto.com)

È andata in scena, presso la Corte d’appello della Figc a Roma presieduta da Sergio Santoro, il processo di secondo grado sui ricorsi presentati da Parma, dal suo tesserato Emanuele Calaiò e dal Palermo contro le sanzioni inflitte dal Tribunale federale nazionale lo scorso 23 luglio. L’udienza è durata circa un’ora, il dispositivo è previsto in serata.

In primo grado, per il caso degli sms di Calaiò in occasione della sfida di Serie B contro lo Spezia, il club gialloblu è stato condannato a una penalizzazione di 5 punti sul prossimo campionato di Serie A, mentre per il calciatore è stata inflitta una condanna di 2 anni di stop e 20.000 euro di multa. Il dispositivo è atteso entro stasera.

“Dispiace sia stato infangato il mio nome e quello della mia famiglia per dei messaggi, non ho mai pensato di mandare messaggi per un secondo fine. Lo giuro sui miei figli, io sono una persona corretta, sono sempre stato un esempio per i giovani per la mia professionalità”. È lo sfogo di Emanuele Calaiò innanzi ai giudici della Corte d’appello.

Emanuele Calaiò

“Speravo di non dover arrivare a questo punto per difendermi da una cosa che non ho mai fatto – ha proseguito Calaiò rivolgendosi alla Corte – Vorrei finire la mia carriera come l’ho iniziata, professionalmente, correttamente e con la limpidezza che mi ha sempre contraddistinto. Se avessi voluto alterare una partita, sicuramente non lo avrei fatto con Whatsapp ma da Parma a La Spezia sono un’ora di macchina e sarei andato lì di persona”.

“Voglio uscire pulito da questa situazione – ha concluso quindi Calaiò -tutti quanti siamo stati parecchio danneggiati e sbattuti in prima pagina. Ne abbiamo passate abbastanza”.

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