Premi Champions League 2018 2019 – Correva l’anno 2009 l’ultima volta in cui quattro squadre della Serie A partecipavano alla massima competizione organizzata dalla UEFA e fu l’anno in cui Josè Mourinho portò l’Inter sul tetto del mondo calcistico. Un buon auspicio per l’Italia in quanto, questa stagione, vista la campagna acquisti della Juventus, avrà una voce particolare in capitolo. L’oggetto dell’analisi di cui sotto però andrà a riguardare i monte premi stilati dall’organo di governo del calcio europeo per le squadre finaliste delle due competizioni e quanto questi possano avere delle inevitabili conseguenze anche sui campionati nazionali in termini di competitività. Perché si sa, nel calcio contemporaneo, chi vince guadagna, e chi guadagna continua a vincere.
Negli ultimi tre anni, Champions League ed Europa League si spartivamo, anche se in modo impari, 2,3 miliardi di euro di monte premi, di cui, rispettivamente, 1,4 miliardi erano per la prima e 0,4 per la seconda. L’incremento per le stagioni che andranno dal 2018 al 2021 è quasi del 50%, si parla infatti di un monte premi totale di 3,25 miliardi di euro, dove 1,95 sono della Champions League e 0,56 dell’Europa League.
Se già ci si fermasse a questo punto si risconterebbe una disparità univoca, in quanto se i premi contribuiscono a finanziare la campagna acquisti della stagione successiva, le squadre che si qualificassero alla Champions League sarebbe nettamente favorite in ambito nazionale contro le concorrenti che giocano il giovedì sera.
Premi Champions League 2018 2019, le cifre
Andando più a fondo, solo la qualificazione ai gruppi per la competizione più importante garantirebbe un incasso di 15,25 milioni di euro, contro i 0,292 dell’Europa League; ogni vittoria sarebbe 2,7 milioni contro 0,057; la vittoria finale della competizione 19 milioni a fronte di 8,5 dell’ex coppa UEFA. Una squadra di Champions League che vinca tutte e tredici le partite fino alla finale si intascherebbe circa 82,2 milioni, il che vuol dire, facendo l’esempio del campionato italiano, il fatturato delle ultime tre squadre del campionato, e anche qualcosa in più. La vincete dell’Europa League invece, se anch’essa vincesse tutti gli incontri, porterebbe a casa circa 30 milioni di euro. Lo squilibrio vige sovrano in questo tempo.
La Juventus nel caso perdesse tutte e sei le partite del girone, guadagnerebbe comunque 58 milioni di euro. Il perché risiede nei requisiti di ripartizione dei monte premi in questione. Le voci a cui si fa riferimento sono quattro: le più pesanti sono quelle che riguardano ranking storico e risultati, 30% a testa, a seguire la partecipazione che occupa il 25% ed infine il market pool, che a visto la sua quota quasi dimezzarsi rispetto al precedente triennio, con il 15%.
La Champions League vale 2 miliardi: ecco i premi minimi per le italiane
Ma è sulla prima voce che si viene a creare quell’imperfezione che poi ricadrà sul campionato nazionale. La UEFA ha considerato come base di calcolo per il ranking storico gli ultimi dieci anni di coppe, ovvero le trentadue squadre vengono ordinate in base ai risultati ottenuti nell’ultimo decennio: al primo posto troviamo naturalmente il Real Madrid, il quale incasserà 35,4 milioni; la Juventus, sesta, ne percepirà 29,7. In qualsiasi modo, ad ogni posizione si dovranno scalare 1,1 milioni di euro.
Il nodo che circonda questa faccenda è stato proprio l’aver dato un peso enorme ad una voce di ripartizione dei premi meritocratica, ma incoerente con il vero significato di competizione perché se e vero che chi vince continua a vincere perché guadagna, allora il Real Madrid, che arriva puntualmente in semifinale da otto stagioni, continuerà ad essere protagonista anche per le successive dieci, compensando la partenza di Ronaldo con un acquisto importante quanto basta per rimanere nei primi piani della Champions League.
Per cui, se il vero senso della competizione è l’aleatorietà che risiede nei risultati, ora la Champions League può considerarsi ai minimi storici in termini di grado competitivo. L’altra faccia della medaglia però racconta che i monte premi continueranno a salire anche nel triennio 2021/2024, riflettendo un continuo allargarsi del giro d’affari.
Premi Champions League 2018 2019, l’impatto
Tale scenario, per forza di cose, va ad intaccare anche il panorama nazionale, in quanto la ciclicità alla fonte di denaro rappresentata dalle coppe europee diventa questione solo per poche squadre, perché colore che dominano in Europa, ancohe in campo nazionale avranno vita facile. Per questo motivo si spiegano i sette scudetti di fila della Juventus, il duopolio spagnolo Real Madrid-Barcellona, l’egemonia del Bayern Monaco in Bundesliga e il dominio del PSG sulla Ligue 1.
Una società dalle medie possibilità di spesa che vive la stagione di grazia e alla fine dell’anno centra la qualificazione in Europa League, arriverà a percepire dei premi importanti in relazione al proprio giro d’affari, ma gli atleti che saranno esplosi sotto la loro guida, saranno presto messi sotto contratto dalle squadre che parteciperanno alla Champions League, perché possessori di tasche più profonde.
Per cui, se un anno una squadra riesce a centrare l’Europa League, che, come detto, rappresenta un risultato molto importante, perché non lasciare a questa squadra la possibilità di poter giocare la competizione con i giocatori con cui si sono qualificati? Gli esempi in questo senso affiorano, basti pensare all’Atalanta, che negli ultimi due anni ha visto privarsi di giocatori con un enorme potenziale come Kessie, Caldara, Spinazzola e Conti, oppure al Sassuolo di tre stagioni fa.
Da due estati a questa parte va in scena in giro per il mondo l’International Champions Cup, il torneo che incrocia le migliori squadre di calcio del mondo, la quale era nata come una prima approssimativa prova di SuperLega. La UEFA inorridisce solo a sentirne parlare, però, se si guarda alle due facce della moneta la questione potrebbe, e dovrebbe, essere presa al quanto sul serio, perché se è vero il fatto che il calcio ora rappresenta un business a livello planetario, è anche vero che questa crescita economica esponenziale deve essere regolarizzata, come per esempio avviene nei campionati sportivi negli Stati Uniti, col fine di salvaguardare l’integrità delle società a livello nazionale. In caso contrario la SuperLega non diventerebbe più un’opportunità per allargare il giro d’affari, ma una necessità.