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Equilibrio in Champions League – Com’è cambiato negli anni l’equilibrio tra le squadre che partecipano alla UEFA Chamapions League? E’ una domanda alla quale ha provato a rispondere il CIES Football Observatory, attraverso un’analisi che si basa sulle edizioni della competizione dal 2003/2004 ad oggi. Per avere risultati maggiormente significativi, le edizioni sono state unite in gruppi da quattro.

Champions League, quanto vale la conquista del trofeo

Il primo aspetto analizzato per capire l’evoluzione dei rapporti di forza è quello dei punti conquistati nella fase a gironi dalle squadre prime e quarte di ogni raggruppamento. Per i vincitori del raggruppamento, nel 2003-2006 la media è stata 2.11 punti a match, diventata 2.26 per le stagioni 2015-2018. Percorso inverso per le squadre posizionatesi ultime, che prima ottenevano 0.59 punti di media a gara, mentre ora si fermano a 0.45.

Anche la differenza reti media negli incontri è cambiata negli anni, passando da gare con uno scarto medio di 1.39 gol a partita, a incontri con uno scarto medio di 1.64 reti. In crescita anche la percentuale di partite terminate con almeno tre reti di scarto: da 16.9% a 22.9% negli ultimi 15 anni.



Anche le previsioni sugli esiti degli incontri con dei chiari favoriti sono più attendibili. Tra il 2004 e il 2008, le partite con una squadra chiaramente favorita sull’altra sono terminate a favore del “più forte” nel 74.9% dei casi. Oggi, invece, la percentuale è salita a 79.5%.

(Fonte: CIES Football Observatory)

In sostanza, nel contesto attuale, con lo stesso numero di partecipanti, solo una migliore distribuzione delle risorse a livello internazionale e nazionale consentirebbe un maggiore equilibrio nelle fasi a gironi della Champions League, evitando un ulteriore ampliamento della forbice tra i club più e meno forti. Tuttavia, questa soluzione si scontra con i club dominanti dal punto di vista finanziario.

Una soluzione alternativa consisterebbe nel ridurre drasticamente il numero di squadre che hanno accesso alla fase a gironi. Un simile cambiamento ridurrebbe però inevitabilmente il numero di paesi rappresentati in seno alla maggiore competizione europea per club, sfavorendo quelli con un mercato calcistico meno sviluppato.

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